Agarthi - Il Forum di Martin Mystère

Almanacco del Mystero, notizie insolite,curiose,mysteriose tratte dalla stampa non specializzata

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view post Posted on 25/11/2008, 18:17
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Il Dybbuk

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Un video tratto dal Corriere della Sera (on-line) mostra l'incontro ravvicinato dal solito tipo con un alieno...calamaro :paz:

Invece una notizia non insolita ma comunque apprezzabile arriva dal Messaggero

CITAZIONE
Vaticano: ripubblicheremo gli atti
del processo a Galileo


CITTÀ DEL VATICANO (25 novembre) – Il Vaticano vuole far ripubblicare gli atti del processo a Galileo Galilei con la sentenza di condanna mai firmata dal Papa per «rinfrescare la memoria» di quanti attendono ancora «pentimenti» che non avrebbero ragion d'essere: lo ha annunciato il presidente del Pontificio consiglio per la cultura, monsignor Gianfranco Ravasi, a margine di un incontro tra le pontificie accademie.

Sugli atti del processo della Santa Inquisizione, con la condanna mai firmata, vi fu un grave disaccordo tra i cardinali: una parte dei quali erano già stati pubblicati alcuni decenni orsono - ha ricordato Ravasi - «ma sarebbe opportuno riproporli nella loro totalità, con l'aggiunta di una accurata analisi contestuale».

Domani la figura di Galileo sarà al centro di un convegno promosso dal “ministero” vaticano della cultura e dalla Finmeccanica, dove è atteso il segretario di Stato della Santa Sede, card. Tarcisio Bertone, accanto a eminenti scienziati, e una serie di eventi vedranno nei prossimi mesi la partecipazione di uomini di fede, filosofi e scienziati ad una approfondita riflessione su fede e scienza.

 
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alupo
view post Posted on 26/11/2008, 13:13




altro video insolito, dal Corriere della Sera
 
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view post Posted on 26/11/2008, 17:57
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Il Dybbuk

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Ma è lo stesso che avevo postato :P

Questo, invece, è nuovo:da Repubblica, scoperto il vero volto di Lucrezia Borgia :)

Dal Corriere, ecco una notizia curiosa:
CITAZIONE
e l'1dicembre la luna sarà «occultata»
Matrimonio celeste fra Giove e Venere
Spettacolare «congiunzione astronomica» dei due pianeti fino ai primi giorni del prossimo mese

Matrimonio celeste fra Giove e Venere nel cielo del tramonto. I due pianeti, brillantissimi e visibili in queste sere si stanno avvicinando, fino a sfiorarsi, per dare luogo a uno spettacolo noto come «congiunzione astronomica»m che comincerà mercoledì 26 novembre e duirerà fino ai primi giorni di dicembre. Venere scintilla più bassa sull'orizzonte, Giove, meno luminoso, più in alto. Ma non è finita qui: lunedì 1 dicembre la scena si arricchisce con la presenza di uno spicchio di Luna crescente che si interpone fra i due astri e, poco dopo le 17, copre Venere, facendola scomparire per quasi un'ora e mezzo. Questo fenomeno prende il nome di occultazione lunare. L'inizio e la fine dell'occultazione variano da luogo a luogo. La tabella qui sotto indica gli orari per alcune città italiane.


Città Inizio occultazione Fine occultazione
Milano 17h 08m 18h 24m
Roma 17h 21m 18h 22m
Palermo 17h 34m 18h 13m
Trieste 17h 17m 18h 26m
Firenze 17h 14m 18h 25m
Cagliari 17h 16m 18h 20m
Lecce 17h 43m 18h 14m
Catania 17h 44m 18h 08m

La singolare vicinanza di Venere, Giove e della Luna è solo apparente: in realtà i tre corpi celesti si trovano ciascuno nella sua orbita attorno al Sole a una grande distanza recoproca. Se appaiono congiunti è solo un effetto prospettico. L'Unione degli Astrofili Italiani (UAI) ha organizzato osservazioni pubbliche sia a occhio nudo sia al telescopio, in varie città. L'elenco completo degli appuntamenti si trova nel sito Astroiniziative.it

Franco Foresta Martin
26 novembre 2008

Sempre dal Corriere, ecco una notizia che ci fa ben sperare:
CITAZIONE
Telo «antisole» salva un ghiacciaio
Esperimento dell'università di Milano: «salvati»
in sei mesi 115 metri cubi d'acqua su un'area di 150 metri

MILANO - Una coperta per preservare i ghiacciai dallo scioglimento. Sembra pazzesco ma è possibile. Lo dimostra un esperimento durato sei mesi sul ghiacciaio Dosdè Orientale (Alta Valtellina, Lombardia), nel settore montuoso Piazzi-Dosdè, condotto da un gruppo dii ricercatori dell'università di Milano, sotto la guida di Claudio Smiraglia e di Guglielmina Diolaiuti, del Comitato glaciologico italiano. Il «plaid» ovviamente non era «normale», bensì una copertura sperimentale di geotessile capace di esprimere una «protezione attiva» su un'area di 150 metri quadri. A fine ottobre, quando l'esperimento si è concluso, lo spessore di neve non disciolta e di ghiaccio sopravvissuto alla stagione estiva raggiungeva quasi due metri di altezza.

SALVATI 115MILA LITRI D'ACQUA - L'esperimento, condotto con il finanziamento di una nota marca di acque minerali, ha permesso così di salvare il 43 % di spessore dell'acqua rappresentata dalla neve compatta presente al momento della stesura del telo sul ghiacciaio e soprattutto di azzerare la fusione del ghiaccio sottostante. In totale, tenendo conto anche del ghiaccio preservato dalla fusione, si è salvato uno spessore di acqua di 161 cm. Il volume di acqua preservato è risultato di circa 115 m3, corrispondente a 115 mila litri. Il telo agisce creando una barriera fisica tra i raggi solari e la neve e il ghiaccio sottostanti, limitandone così la fusione durante il periodo estivo».

APPLICAZIONI - Per Cladio Smiraglia, direttore dell'esperimento, «è certamente impensabile intervenire con strategie di protezione attiva su tutti i ghiacciai italiani, ma, grazie all'iniziativa abbiamo potuto verificare l'applicabilità e l'efficacia delle strategie di mitigazione attraverso la sperimentazione su un ghiacciaio campione». «Visti i risultati «più che soddisfacenti questo approccio potrebbe venire applicato in particolari situazioni, ad esempio laddove finestre rocciose emerse dalla superficie glaciale agiscono d'estate come vere e proprie trappole di calore ampliando la fusione glaciale e portando in ultima analisi alla disgregazione di interi apparati». In questi casi, precisa, «una copertura bianca riflettente come il geotessile potrebbe ridurre efficacemente l'assorbimento di energia e quindi l'emissione di calore da parte delle rocce e limitare la fusione glaciale».

25 novembre 2008(ultima modifica: 26 novembre 2008)

La Stampa si chiede:
CITAZIONE
"Pamela" sconvolge tutti
Dov'è la materia oscura?


L'esperimento internazionale ha scoperto nello spazio moltissimi positroni ad alta energia. "Dovrebbero essere prodotti da particelle gigantesche, smentendo le teorie più in voga"

BARBARA GALLAVOTTI

A volte dal mondo della scienza arrivano storie che sembrano perfette per essere la trama di un romanzo. Come nel caso dell'esperimento «Pamela»: nella sua vicenda si intrecciano uno dei più grandi misteri dell'Universo, un piccolo esperimento molto italiano e dei risultati così inaspettati da generare scompiglio fra i fisici teorici di tutto il mondo, a partire da una foto clandestina scattata con un cellulare.

Partiamo dall'inizio: «Pamela» è un piccolo test di fisica, risultato di una collaborazione internazionale in cui spiccano ricercatori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e di diversi enti di ricerca russi. Il nome è l'acronimo di «Payload for Antimatter Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysics»: non è proprio quello che avrebbe scelto un grande narratore, ma questo è solo un piccolo neo. «Pamela» inizia la sua avventura nel giugno 2006, quando, sfruttando il passaggio fornito da un razzo russo, parte da Bajkonur, in Kazakistan. La destinazione è un'orbita fra i 300 e 600 chilometri d'altezza, dove a bordo di un satellite l'esperimento ha il compito di scrutare il cielo, in particolare alla ricerca di positroni: particelle identiche agli elettroni, ma dotate di carica elettrica positiva anziché negativa. I positroni sono rarissimi nel nostro mondo, mentre si trovano piuttosto facilmente nel cosmo, perché vengono prodotti da stelle e galassie, anche se quelli originati in questo modo hanno un’energia piuttosto bassa.

«Pamela», invece, è in grado di individuare positroni dotati di un’energia molto alta e per un motivo ambizioso: svelare la natura della materia oscura, il grande mistero dell'Universo a cui accennavamo all'inizio. La materia oscura è una forma di materia che si calcola sia 5 volte più abbondante di quella «visibile», di cui sono fatti i nostri corpi, la Terra e tutto ciò che conosciamo. La materia oscura è, insomma, come una grande e impalpabile presenza che avvolge il cosmo: di lei non sappiamo nulla, ma i fisici sospettano che nell'immensità dell'Universo possa essere protagonista di drammatici scontri occulti, i quali produrrebbero elettroni e positroni lanciati ad alta energia.

Di elettroni di tutti i tipi è pieno il cosmo e, quindi, è impossibile individuare quelli eventualmente nati da un processo di questo tipo. I positroni di alta energia sono invece rari e, dunque, la loro presenza sarebbe rivelatrice: proprio per verificarla è nata «Pamela». Quando arrivano, i risultati dell'esperimento sono decisamente stupefacenti: non solo i positroni ci sono, ma sono anche tanti, tantissimi, molti più del previsto. I fisici sono talmente stupiti da voler essere estremamente cauti e per diverso tempo tengono la cosa per sé, controllando e ricontrollando le informazioni.

Nell'estate di quest'anno decidono di fare un primo passo e nel corso di una conferenza presentano i dati a un ristretto gruppo di colleghi. Nella platea ci sono, però, due fisici teorici italiani, Alessandro Strumia, dell’Università di Pisa, e Marco Cirelli, del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese: entrambi lavorano sul problema della materia oscura e trovano i dati tanto interessanti da scattare con il cellulare una foto alla diapositiva che li riassume, in modo da poter riflettere con calma. Quando esce l'articolo dei teorici, scritto a tempo di record, nel mondo della fisica delle particelle esplode il fermento. Mentre la stampa anglosassone celebra i «fisici-paparazzi», tutta la comunità discute accanitamente su teorie alternative, al punto che attualmente sui risultati di «Pamela» escono due-tre articoli di analisi scientifica alla settimana.

Il problema è che i positroni individuati dall’esperimento sono in quantità tale da non poter essere prodotti da una materia oscura del tipo immaginato nelle teorie più in voga. Non sembrano tornare con i risultati di «Pamela», fra l'altro, le classiche ipotesi della supersimmetria, secondo cui la materia oscura sarebbe composta da particelle gemelle di quelle che costituiscono la normale materia, ma molto più grandi. Occorrerebbe, invece, ipotizzare qualcosa di completamente diverso, per esempio che la materia oscura sia formata da particelle gigantesche, con una massa di mille volte quella di un protone (a sua volta 2 mila volte più massiccio di un elettrone).

Il dibattito, però, è tutt'altro che chiuso, anche perché il mistero potrebbe avere una soluzione diversa, decisamente meno attraente: alcuni teorici del Fermilab, a Chicago, hanno suggerito che i positroni potrebbero avere origine da una pulsar e, quindi, nascere con una bassa energia. In seguito subirebbero delle accelerazioni, attraversando campi elettromagnetici presenti nel cosmo. Così giungerebbero fino alle antenne di «Pamela», dandoci l'illusorio brivido di essere vicini alla soluzione del grande interrogativo sulla materia oscura.

Non siamo, però, a un punto morto, perché è già in orbita un altro strumento che potrebbe raccogliere dati risolutivi, almeno per escludere questa ipotesi: si chiama «Fermi Gamma-ray Space Telescope» ed è il risultato di una collaborazione fra la Nasa, l'Agenzia Spaziale Italiana, l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell'Istituto Nazionale di Astrofisica. A lui, forse, il compito di scrivere il prossimo capitolo del racconto.

Evitando come la peste l'orrida battuta sulla materia oscura di un'altra famosa Pamela, la Anderson, concludiamo con una notizia che riapre vecchie ferite, ma che potrebbe essere interessante sapere:La vera marcia su Roma doveva avvenire ad Agosto.
 
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alupo
view post Posted on 26/11/2008, 21:37




CITAZIONE (MaxBrody @ 26/11/2008, 17:57)
Ma è lo stesso che avevo postato :P

Non me ne ero accorto :P

Edited by Sergej Orloff - 26/11/2008, 21:44
 
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Sergej Orloff
view post Posted on 27/11/2008, 22:43




E ora, un articolo un pò datato (23 ottobre 2005) che mostra come le pillole dello Zio Paul stiano per diventare realtà e che ho trovato dopo aver letto certe dichiarazioni su un noto politico che punta a raggiungere i 120 anni... <_<
Fonte: Corriere della Sera

Vivremo fino a 120 anni» I nuovi vecchi saranno così
L'oncologo Pelicci: entro il 2010 ultracentenari e in forma

CITAZIONE
Siamo programmati per vivere 120 anni, è scritto nel nostro Dna, a prescindere da malattie e incidenti la nostra durata è fissata e questo, agli studiosi, era noto. L'informazione strategica che mancava, fino a ieri, è come arrivare in condizioni dignitose a questo traguardo, cioè come bloccare i geni che ci fanno invecchiare e ammalare. L'ultima novità dal mondo scientifico è che i topi vivono il 35% in più se eliminiamo il loro «p66» o gene dell'invecchiamento e gli esperti ci dicono che questo potrebbe presto accadere anche a noi. «Presto» significa cinque anni, secondo il perugino Pier Giuseppe Pelicci, direttore di oncologia sperimentale allo Ieo di Milano e autore della ricerca, se ci saranno fondi sufficienti per testare farmaci capaci di inibire la funzione del gene.
Ultracentenari e in forma. «Non è fantascienza, è realistico», ha spiegato il biologo molecolare Pelicci sulle pagine del mensile Ok La salute prima di tutto, da oggi in edicola. «Il ruolo della ricerca svolta dalla mia équipe è duplice: allungare la vita e, soprattutto, eliminare le malattie degenerative». Cancro, demenza senile, infarto, aterosclerosi, Parkinson, Alzheimer: se funzioniamo come i topi queste e altre sindromi saranno superate, magari già nel 2010. Oggi ci sono un milione e mezzo di persone che soffrono di malattie degenerative, quasi tutti anziani. Secondo le statistiche il Parkinson ci colpisce a 57 anni, l'Alzheimer intorno ai 65. Poiché il Paese diventa sempre più vecchio queste, per noi, sono le malattie del futuro.
Ad avere il Parkinson, per esempio, oggi sono duecentomila italiani, la malattia insorge intorno ai sessant'anni, dura 17 e dal dodicesimo anno la qualità della vita comincia a essere compromessa: «Diventa difficile controllare i sintomi con la terapia farmacologica — spiegano all'Associazione dei malati di Parkinson — i pazienti perdono la capacità motoria». Cinque anni per invecchiare in buone condizioni: «Non è un azzardo — secondo il professor Gianni Pezzoli, presidente dell'associazione —. Oggi si fanno progressi rapidamente, soltanto tre o quattro anni fa non si parlava nemmeno di staminali, adesso si studiano quelle adulte, del sangue, che servono per riparare cellule danneggiate di vari organi compreso il cervello. Prima era impensabile un turnover delle cellule cerebrali». Fino agli anni Sessanta, quando fu scoperto il farmaco base per il Parkinson, i malati nel giro di quattro anni si ritrovavano immobili su una sedia a rotelle. Rispetto ad allora la malattia procede lentamente e la ricerca vola.
L'équipe del professor Pelicci ha già studiato i possibili effetti collaterali, sui topi sono nulli: senza «p66» le cavie vivono di più e non ci rimettono nulla (mentre altre specie animali, come vermi e mosche, perdono fertilità). Comunque la partita si chiude a 120, perché così è scritto nel nostro patrimonio genetico, i geni preposti a condurci alla fine sono numerosi e, per adesso, sembra che l'unico eliminabile sia il «p66». «Per arrivare a 130 anni e più dovremmo lottare contro ciò che è scritto nel Dna umano, quindi contro molti altri geni, il p66 è uno ma già se ne conoscono altri 6 o 7 deputati a regolare la durata dell'esistenza — spiega Pelicci —. L'obiettivo non è l'immortalità ma vivere più a lungo e più giovani, ammalandosi meno».

 
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alupo
view post Posted on 28/11/2008, 14:12




ecco quà un articolo da la repubblica in cui si parla di zucchero... dallo spazio.

CITAZIONE
Stelle, c'è zucchero nello spazio
"Svelata l'origine della vita"
Una molecola trovata a 26mila anni luce "È il primo elemento del brodo primordiale" di ELENA DUSI

Il brodo primordiale è dolce e viene preparato nella cucina dello spazio, con la polvere di stelle a fornire gli ingredienti e gli astri in via di formazione che danno il calore necessario. Il radiotelescopio delle Alpi di Grenoble, il cui occhio è guidato da un gruppo di astronomi italiani, francesi e spagnoli, ha individuato una molecola di zucchero che fluttua nello spazio a 26mila anni luce da noi con una temperatura simile a quella della Terra durante una giornata estiva. Non si tratta ancora di un extraterrestre così come la fantascienza lo immagina, ma con tutta probabilità quel che si è scoperto è la lettera alfa dell'alfabeto che compone la vita.

Lo zucchero glicolaldeide che si trova immerso della nube stellare G31, alla periferia della Via Lattea, è uno dei primi mattoni della biologia. Fa parte di quelle molecole capaci di assemblarsi attraverso reazioni chimiche sempre più complesse fino a raggiungere lo stadio che è considerato il traguardo della vita: il Dna e l'Rna. Sono loro le due molecole che consentono la divisione degli organismi, aprendo la strada a uno dei requisiti fondamentali degli esseri viventi: la riproduzione.

Insieme al ritrovamento di tracce biologiche su alcuni meteoriti caduti sulla Terra, la scoperta dello zucchero stellare appena pubblicata sulla rivista Astrophysics finisce col dare maggior peso a quella teoria della panspermia avanzata dall'astronomo britannico Fred Hoyle. Negli anni ?50 Hoyle (che era anche scrittore di fantascienza) suggerì che la vita fosse nata nello spazio e avesse poi colonizzato il pianeta Terra (e anche altri, con tutta probabilità) viaggiando a bordo di comete e meteoriti. Negli anni in cui Stanley Miller riempiva ampolle di vetro con i gas del brodo primordiale, Hoyle arrivò a scommettere con gli ascoltatori della sua trasmissione radio che da qualche parte nello spazio ci fosse già una squadra di cricket capace di sconfiggere le nazionali inglese e australiana, le più forti sul pianeta azzurro.

"Cercare le molecole della vita non era il nostro obiettivo. Siamo astronomi e ci occupiamo di cinematica delle formazioni stellari" racconta oggi Claudio Codella, ricercatore della sezione di radioastronomia dell'Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), uno dei componenti dell'équipe che ha fatto la scoperta. "Però quando abbiamo notato quel debole segnale strano tra i nostri risultati ci siamo subito messi in allarme. Non si trattava di uno degli elementi più abbondanti nell'universo e solo alla fine siamo riusciti a dargli l'etichetta del glicolaldeide. Accanto a lui, con tutta probabilità, esistono altre molecole della vita che non siamo ancora in grado di identificare".

Per Ernesto Di Mauro - che insegna biologia molecolare alla Sapienza di Roma, è fra i fondatori della Società di astrobiologia italiana e ha condotto esperimenti sulla formazione del Dna e Rna nei meteoriti - il glicolaldeide era uno dei pezzi che mancavano per spiegare la sintesi delle molecole della vita nello spazio. "Senza questi zuccheri - spiega - Dna e Rna sarebbero stringhe senza forma.

Assomiglierebbero a spaghetti scotti lasciati a galleggiare nell'acqua. Il glicolaldeide è necessario per dare rigidità alla struttura, perché contiene carbonio. Questo elemento, fra i più abbondanti nell'universo dopo idrogeno e ossigeno, può essere paragonato a un mattoncino Lego. Riesce a combinarsi in un numero molto grande di strutture ha un'importanza fondamentale per gli esseri viventi".

A Science Serena Viti, un'altra astrofisica che ha partecipato alla scoperta, commenta che l'abbondanza dello zucchero trovato nella nube stellare dimostra che la formazione di queste molecole "dev'essere un processo comune anche ad altre regioni dell'universo dove ci sono stelle in formazione".

(28 novembre 2008) Tutti gli articoli di Scienze e Ambiente

Link: Repubblica
 
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view post Posted on 29/11/2008, 19:30
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Il Dybbuk

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Minerali viventi?

Secondo La Repubblica, è così:

CITAZIONE
L'evoluzione dei minerali
"Si sono 'moltiplicati'"

All'inizio della storia della terra erano 12, oggi sono 4300. "Interagiscono con gli esseri viventi"
di LUIGI BIGNAMI

MINERALI e rocce, così come la vita sulla Terra, sono in continua evoluzione. Una ricerca condotta da un team di geologi canadesi e riportata sull'autorevole rivista scientifica American Mineralogist, ha scoperto un'improvvisa differenziazione di minerali avvenuta dopo la nascita della vita sulla Terra. Dai risultati ottenut,i il gruppo di ricercatori ha avanzato una rivoluzionaria ipotesi secondo la quale le rocce, così come gli animali e le piante, si sono evolute durante la lunga storia del pianeta.

Secondo Wouter Bleeker, che guida un gruppo di 8 ricercatori del Geological Survey di Ottawa, ipotizza che molte delle rocce della Terra sono "specie" dinamiche che emergono e si trasformano nel tempo, più o meno come fanno le specie viventi, al punto da poter dare adito all'idea che esiste una sorta di "evoluzione minerale". Dice Bleeker: "Il messaggio della nostra scoperta è quello di averci fatto capire che l'interazione tra il mondo minerale e quello organico e biologico è molto più importante di quanto abbiamo sempre pensato, al punto che la vita può influenzare la "nascita" o meno di nuovi minerali".

Reobert Hazen, che fa parte del team di ricerca, ricostruisce così l'evoluzione dei minerali terrestri. Tra le particelle di polvere presenti quando, circa 5 miliardi di anni fa, il sistema solare andava formandosi non vi era più di una dozzina di minerali. Quando la Terra primordiale iniziò a formarsi, la temperatura e le pressioni elevate che entrarono in gioco portarono ad una prima evoluzione dei minerali presenti che salirono a circa 250. A quel punto l'attività vulcanica, lo scontro tra le prime zolle che costituivano la crosta terrestre e altri processi geologici portarono nell'arco di circa un miliardo di anni alla formazione di circa 1.500 minerali.

Ad un certo punto però, quando la chimica degli oceani e le condizioni atmosferiche andarono trasformandosi di pari passo con la nascita e l'evoluzione della vita terrestre, nel mondo inorganico scattò una scintilla che portò ad una diversificazione senza precedenti del mondo minerale. "Un esempio di roccia che prima della vita non c'era è il calcare, che è di origine organica e che oggi occupa grandi parte della crosta terrestre", spiega Hazen. Ma un gran numero di situazioni diverse portò alla nascita delle circa 4.300 specie di minerali che oggi si conoscono.

"Ovviamente non si deve pensare che l'evoluzione dei minerali abbia seguito o segua la strada darwiniana - ha aggiunto Hazen -, in quanto le rocce non devono combattere per la loro sopravvivenza, tuttavia è indiscutibile il fatto che minerali e rocce abbiano subito un'evoluzione importante nel corso del tempo".

Secondo i ricercatori negli ultimi 2 miliardi e mezzo di anni la mineralogia si è evoluta parallelamente all'evoluzione della vita sulla Terra. Questa ipotesi risulta essere anche una nuova potenziale strada per capire se su lontani pianeti esiste o è esistita la vita, in quanto l'interazione tra gli esseri viventi e le rocce lascia testimonianze importanti che vanno ben al di là della presenza dei singoli fossili, i quali, se non si è direttamente, sul terreno non si possono scoprire.

(27 novembre 2008)

I Pappagalli invadono la Gran Bretagna? Il quotidiano di Eugenio Scalfari dice anche questo:

CITAZIONE
Pappagalli "born in Uk"
ormai sono quasi 20mila

Preoccupa gli ornitologi inglesi la colonizzazione da parte dei discendenti di pochi esemplari fuggiti dalle gabbie. Fenomeno in crescita anche in Italia
di VALERIO GUALERZI
SONO passati dai 1500 esemplari del 1996 agli attuali quasi 20mila. La colonizzazione della Gran Bretagna da parte dei pappagalli sta procedendo a ritmi sbalorditivi. Una velocità che ha indotto la Bto, una delle più prestigiose società ornitologiche inglesi, a richiamare l'attenzione delle autorità. "Ormai sono di gran lunga più numerosi di molte specie autoctone come il barbagianni, il picchio e il martin pescatore, provocando in alcuni casi seri danni all'agricoltura", spiega John Tayleur al quotidiano Telegraph. L'invito dell'associazione è a monitorare con attenzione la situazione, ma al momento non sarebbe ancora necessario intervenire in maniera drastica. "Per ora - aggiunge Tayleur - sono concentrati in alcune zone specifiche del paese come la periferia occidentale di Londra e il Kent".

A dare vita a queste prolifiche colonie sono stati esemplari riusciti a fuggire dalle loro gabbie una volta arrivati dall'India e dal Sudamerica come animali da compagnia. "Ma poi si sono adattati meglio degli altri al riscaldamento climatico in atto e sembrano anche essere più veloci della concorrenza nel predare le bacche e i semi che ne compongono l'alimentazione", precisa ancora l'esperto della Bto.

Secondo un'altra associazione ornitologica britannica, la Rspb, le specie autoctone messe in minoranza dai pappagalli sono ormai una cinquantina. Per ora questo boom demografico non si è ancora tradotto in un danno, ma il rischio è in agguato. "I motivi del loro declino non sono legati all'ascesa dei pappagalli", chiarisce la Rspd, precisando però che se l'area della colonizzazione dovesse ampliarsi ulteriormente la situazione allora potrebbe diventare decisamente più grave. Altri studi sono più pessimisti e ritengono che le specie esotche stiano già causando grosse difficoltà in particolare ai picchi, con i quali sono in competizione per la scelta degli alberi dove nidificare.

La diffusione dei pappagalli nelle aree metropolitane è un fenomeno documentato anche in Italia, seppure con numeri minori. "Stime precise - dice Marco Gustin della Lipu - non ne esistono, ma possiamo immaginare una popolazione di qualche migliaio di esemplari. Si tratta soprattutto di parrocchetti monaci e del collare. Per ora convivono tranquillamente con i nostri passeriformi. Non rappresentano un minaccia perché si sono diffusi a macchia di leopardo e non sono ancora abbastanza per fare danni seri. Se dovessero dilagare si tratterebbe però di una situazione difficile da gestire".

(28 novembre 2008)

Chiudiamo il collegamento con "La Repubblica" con le foto, osservabili qui, del quadro "pornografico" che il disinibito Tiepolo dipinse e che i perbenisti nascosero secoli fa.

Collegandosi a quanto postava Sergej due messaggi addietro, ecco la scoperta che tutti attendevamo con maggiore fremito:

CITAZIONE
Scoperto l'Elisir di lunga vita
un bicchier d'acqua con idrogeno

LONDRA
È il sogno di scienziati, alchimisti e maghi da millenni. Oggi forse qualcosa di simile all’«Elisir di lunga vita» è stato scoperto, ed è una sorpresa. Non pozioni o pillole magiche, ma un bicchier d’acqua.

Per l’esattezza, acqua arricchita con una rara forma di idrogeno, che potrebbe allungare la vita di chi la beve addirittura di dieci anni. Non è la scoperta di un mitomane, ma la teoria di uno scienziato stimato come Mickhail Schepinov, ex professore all’Oxford University, il cui studio è stato pubblicato dalla rivista New Scientists. Una cosa seria, insomma: secondo lo scienziato, l’idrogeno dovrebbe essere usato anche per «arricchire» gli alimenti, come la bistecca e uova, con l’idrogeno, per allungarsi la vita.

La teoria è semplice: il deuterio, un’isotopo dell’idrogeno, impiegato massicciamente è in grado di difendere i tessuti e le cellule del corpo dai radicali liberi, sostanze chimiche pericolose prodotte quando il cibo è trasformato in energia, e corresponsabili del cancro, l’Alzheimer, il Parkinson e l’invecchiamento in sè. Il deuterio, secondo Shchepinov, «appesantisce» la materia, rafforza i legami tra e intorno alle cellule del corpo, rendendole meno vulnerabili agli attacchi.

In particolare l’acqua arricchita con deuterio, che è due volte più pesante del normale idrogeno, ha già dimostrato di essere un efficace elisir nei vermi, che hanno visto allungarsi la vita di dieci anni, e dei moscerini, vissuti addirittura fino al 30% in più.

La comunità scientifica accoglie incuriosita questa teoria: «Ho sentito molte idee folli su come allungare la vita - spiega il Dr Judith Campisi, del Buck Institute for Age Research in California - ma da questa sono incuriosito». Mentre per Tom Kirkwood, dell’Università di Newcastle, «L’idea di Shchepinov è interessante ma la storia di questo settore è ingombra di ipotesi che sono solo parzialmente supportate da dati».

(da La Stampa)

 
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view post Posted on 30/11/2008, 18:28
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Il Dybbuk

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A parziale dimostrazione che, volendo, di notizie "insolite, curiose & mysteriose" ce ne sono ancora, un video da "La Stampa" narra di un'invasione di cavallette in Australia

Altro video, stavolta da Il Tempo:meteorite si schianta in Canada!

Sempre "Il Tempo" pubblica una pagina che fa al caso nostro:

CITAZIONE
Francia, guida per 34 anni senza patente: 400 euro di multa

La rassegna stampa delle notizie più curiose e divertenti del web

La Piazza Rossa potrebbe collassare in qualunque momento - Un gruppo di speleologi moscoviti sostiene che la Piazza Rossa ed il Cremlino potrebbero sprofondare nel terreno, poiché il sottosuolo è attraversato da importanti fratture che potrebbero creare una voragine.

Il gruppo che si chiama “The Diggers” sostiene che ci sono già stati dei piccoli cedimenti, e che la situazione è probabilmente stata aggravata dalle frequenti parate e l’enorme massa di turisti. Dall’amministrazione della città non sembra ci siano posizioni ufficiali riguardo al problema. (RIA Novosti)


Donna incriminata per guida in stato di ebbrezza di una laminatrice per il ghiaccio - Una donna 34enne di Kingsville, Ontario (Canada), è stata fermata per guida in stato di ebbrezza di una laminatrice per il ghiaccio. La donna stava usando il macchinario per sistemare la pista di ghiaccio della Kingsville Arena, quando un poliziotto fuori servizio ha notato che il suo andamento era irregolare, tanto da andare a sbattere più volte contro le protezioni a bordo pista.

La polizia ha poi trovato all'interno del mezzo una bottiglia di vodka, e la ha denunciata per guida in stato di ebbrezza. (Yahoo News Canada)

Francia, ha guidato senza patente per 34 anni: 400 euro di multa - Una donna 57enne è stata condannata dal tribunale di Tours, nel centro della Francia, ad una multa di 400 Euro per aver guidato senza patente per 34 anni. La donna era stata fermata nel maggio scorso, per essere passata con il rosso.

La donna ha spiegato di non aver più rifatto l’esame della patente, una volta bocciata quando era ventenne. Inoltre ha dichiarato che ora rinuncerà a guidare, e non prenderà la patente. (Novosti)

Galles, cartello stradale indica che il traduttore è fuori ufficio - In Galles i cartelli stradali sono riportati anche nella lingua locale oltre che in inglese. Ma se passate dalla contea di Swansea, potete trovare un cartello che in inglese indica il divieto di transito per i veicoli pesanti, mentre le traduzione in gallese suona più o meno “Non sono in ufficio in questo momento, potete comunque inviarmi il lavoro da tradurre”.

La curiosa “traduzione” è dovuta al fatto che i funzionari comunali non si sono resi conto che la mail ricevuta era un messaggio automatico che avvertiva che il traduttore era fuori ufficio, ma hanno pensato fosse invece la traduzione delle indicazioni del cartello, che hanno pertanto fatto riportare sulla segnaletica. (Yahoo! News)

Crisi? In Cina si costruisce una toilette da 2 milioni di yuan - Aspre polemiche sta suscitando in Cina la costruzione di una toilette pubblica da 2 milioni di yuan a Wuhan, presso il Liberation Park.

Un edificio particolarmente spettacolare, in vetro, con un ascensore che conduce nelle toilette vere e proprie, che sono sotto terra. I funzionari spiegano che questa scelta è stata fatta per ridurre l’impatto ambientale ed estetico. (ChinaSmack)

Una bella scoperta, questa pagina! E' quasi inutile dire che è possibile cercare le precedenti "rassegne dell'insolito" aiutandosi con i link della colonna di sinistra sul sito de Il Tempo
 
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alupo
view post Posted on 1/12/2008, 17:29




ecco a voi il Calendario scientifico 2008, tratto dal corriere della sera.
 
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alupo
view post Posted on 2/12/2008, 14:14




A quanto pare nella terra primordiale c'era l'acqua... Ecco a voi l'articolo, tratto dal solito Corriere della sera

CITAZIONE
La dinamica delle zolle crostali poteva essere già attiva
La Terra primordiale non era desolata
Prove indirette dell'esistenza di acqua liquida, forse oceani, risalenti a 4,2 miliardi di anni fa

Come si pensava fosse la Terra nell'Adeano
Come si pensava fosse la Terra nell'Adeano
«Io non sono cattiva. È che mi disegnano così». La frase di Jessica Rabbit potrebbe adattarsi alla Terra primordiale, quella di 4,2 miliardi di anni fa, poco più di 300 milioni di anni dopo la formazione del nostro pianeta. Finora si era sempre pensato, e illustrato, la Terra del periodo Adeano (4,5-3,85 miliardi di anni fa) più o meno come l'inferno: atmosfera irrespirabile, vulcani e lava da ogni parte, rocce fuse in fase di raffreddamento, assenza di acqua liquida e di vita di qualsiasi ordine e grado, enormi asteroidi (fino a 200-300 km di diametro) che periodicamente colpivano il pianeta squassandolo. Recenti scoperte ribaltano questa immagine e, anzi, ne emerge una opposta: pochi asteroidi e comunque non in grado di estinguere del tutto le prime forme di vita (archea) che si erano formate, acqua liquida e forse oceani, rocce solide che avevano formato una crosta con l'inizio dell'attività tettonica, ossia il movimento delle placche e la formazione di continenti, come avviene ora. Insomma, non proprio un paradiso, ma un posto passabile.

ZIRCONI - Sul giornale scientifico Nature è comparso uno studio guidato dal professore di geochimica a Ucla (University of California Los Angeles) Mark Harrison in cui si portano prove dell'esistenza dell'attività tettonica terrestre già nei primi 500 milioni di anni della storia del pianeta. Analizzando con nuove tecniche estremamente sofisticate le inclusioni nei cristalli di zircone rinvenuti all'interno di rocce laviche dell'Australia occidentale risalenti a 3 miliardi di anni, si è scoperto che gli zirconi sono molto più vecchi (4-4,2 miliardi di anni) e si sono formati in una zona in cui il flusso di calore era di 75 milliwatt per metro quadro, di gran lunga inferiore a 200-300 milliwatt al metro quadro previsto per quel periodo geologico. L'unico ambiente possibile per la formazione di zirconi con un flusso di calore così basso è quello della zona di collisione tra placche tetteoniche, come avviene oggi tra la placca Pacifica che s'infila sotto il Sudamerica e va a formare la catena delle Ande grazie anche a temperature di fusione inferiori dovute alla grande presenza di acqua nelle rocce.

ACQUA LIQUIDA - Ma finora gli scienziati giudicavano impossibile l'esistenza dell'Adeano di una tettonica attiva, ma questo studio dimostra quindi due cose: l'esistenza di vaste estensioni di acqua liquida (oceani o almeno mari) e la presenza di rocce già solidificate, quindi un ambiente molto diverso da un pianeta infernale di vulcani, colate di lava e rocce bollenti.

NUOVI SCENARI - Questo studio apre quindi scenari nuovi per la storia dell'evoluzione. Le più antiche testimonianze di vita risalgono a rocce di 3,83 miliardi di anni rinvenute in Groenlandia, come riporta martedì il New York Times. Ma a questo punto la presenza di crosta solida, acqua liquida (e un minore bombardamento di asteroidi, come risulta da recenti studi) viene spostata a un periodo di molto anteriore, fino a 4,4 miliardi di anni fa, concedendo così una fase molto più lunga per il periodo di incubazione delle prime forme di vita. come presume Stephen J. Mojzsis, professore di geologia all'Università del Colorado.

Paolo Virtuani
02 dicembre 2008

 
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view post Posted on 3/12/2008, 18:17
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Ricordate il dna del mammuth, quello che era stato mappato per l'80%? Beh, a quanto pare, esso sarà più utile del previsto:ci cloneremo addirittura Java!

CITAZIONE
Stanziati in Usa dieci milioni di dollari per far rivivere l'antico pachiderma
Mammuth, ritorno dal passato
Anche per Neanderthal

Grazie al Dna e a una cellula di scimpanzé potrebbe rinascere l’uomo di 30 mila anni fa
Dieci milioni di dollari per riportare in vita un mammuth. Ma non solo questo animale. Le nuove tecnologie utilizzate da Stephan Schuster e Webb Miller della Università della Pennsylvania che hanno consentito — come viene descritto su Nature—di decodificare sinora il 70% circa del patrimonio genetico dell’antico pachiderma, potrebbero fare rivivere qualsiasi altra specie estinta negli ultimi 60.000 anni. Compreso l’uomo di Neanderthal. Schuster e Miller hanno utilizzato i peli di due esemplari di mammuth lanosi vissuti 20 mila e 60 mila anni fa (l’ultimo mammuth si estinse circa 4 mila anni fa), riuscendo a decifrare la sequenza di 3,3 miliardi di basi di Dna sulle oltre 4 miliardi che si ritiene costituiscano il genoma completo dell’animale.



Grazie a due nuove «macchine codificatrici » è stato possibile avviare e completare l’analisi del genoma, partendo da frammenti antichi di Dna. «I dati che abbiamo raccolto —commenta Schuster— rappresentano la più estesa descrizione del patrimonio genetico di una specie estinta. Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere dall’analisi di Dna antico risultati simili a quelli conseguiti dagli studi sui genomi delle specie attualmente viventi». Ci sono ora le premesse per tramutare la fantascienza in realtà. Come riferisce Schuster al New York Times, operando direttamente sul patrimonio genetico di una cellula di elefante si potrebbe renderla simile a quella di un mammuth. La cellula in seguito verrebbe trasformata in un embrione, da impiantare poi in un elefante e ottenere così un animale vivo: un progetto del costo di 10milioni di dollari. Lo stesso potrebbe avvenire per l’uomo di Neanderthal, di cui è prossima la ricostruzione dell’intero patrimonio genetico. In questo caso, spiega George Church tecnico del genoma alla Harvard Medical School, i problemi etici potrebbero essere superati lavorando su cellule dello scimpanzé (i cui geni sono simili per il 98% a quelli umani), per renderle simili a quello dell’uomo primitivo. L’embrione che ne deriverebbe potrebbe essere accresciuto da una femmina di scimpanzé.

Roberto Furlani
29 novembre 2008(ultima modifica: 30 novembre 2008)

E gli ippopotami finirono bolliti nelle loro vasche. No, non stiamo dando i numeri:questa (assurda?) frase è il titolo di un romanzo inedito di Jack Kerouac, un thriller che lo scrittore "usò" per scagionarsi definitivamente dall'accusa di favoreggiamento in un caso di omicidio nel quale restò coinvolto assieme ad un altro grande della letteratura, William Burroughs. Di questo curioso caso di archeologia letteraria ci parla Il Messaggero:
CITAZIONE
Scoperto un thriller inedito di Kerouac
di Roberto Bertinetti
ROMA (1 dicembre) - Accusati di favoreggiamento in un caso di omicidio, Jack Kerouac e William Burroughs furono arrestati a New York il 14 agosto 1944. Un magistrato li accusava di aver aiutato un loro amico a sbarazzarsi di un coltello con il quale, dopo una lite, aveva ucciso il suo amante. Burroughs rimase in cella solo alcune ore perché pagò la cauzione e uscì, mentre Kerouac dovette trascorrere tre settimane in carcere prima di venire prosciolto.

Qualche mese più tardi, mentre si celebrava il processo per il delitto, i due scrittori, che insieme a Ginsberg avrebbero dato vita poco tempo dopo alla Beat Generation, decisero di offrire la loro versione dei fatti in un thriller con il quale speravano di arricchirsi. L’impresa non venne portata a termine e il manoscritto è stato dimenticato per oltre sessant’anni in un baule. A ritrovarlo per caso sono stati gli eredi di Burroughs e ora l’inedito vede finalmente la luce.

Ha un titolo decisamente insolito (And the Hippos Were Boiled in Their Tanks, ovvero E gli ippopotami finirono bolliti nelle loro vasche) e la casa editrice Penguin lo ha appena proposto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. E’ la minuziosa analisi del Village di New York a costituire il pregio maggiore del libro, eccellente sintesi degli ambienti trasgressivi prediletti da Kerouac e Burroughs. Entrambi amavano infatti immergersi nel fantasmagorico universo underground dove il consumo di droga e di alcol era altissimo, popolato da ladri, borseggiatori e artisti da strapazzato in seguito al centro dei loro capolavori della maturità.

La genesi del thriller venne ricostruita da Kerouac in Vanità di Duluoz : “Volevamo far soldi in fretta. Sapevamo che piacevano molto i thriller in stile hard-boiled alla Dashiel Hammett e provammo a costruirne uno. Se non riuscimmo ad arrivare alla fine era perché in quel periodo eravamo poco costanti nel lavoro letterario e, soprattutto, ci piaceva sperimentare formule nuove. A un certo punto ci accorgemmo che nessun editore avrebbe accettato di pubblicare un libro che per molti aspetti è un’esaltazione dell’omosessualità, assai diverso dai testi di Hammett. E così il progetto fu abbandonato”.

A lungo i biografi di Kerouac e di Burroughs hanno pensato che i due scrittori avessero distrutto le loro pagine, riemerse a sorpresa dalla soffitta della casa in cui Burroughs all’epoca viveva prima di trasferirsi in Marocco. Proprio il carattere sperimentale del thriller viene ritenuto ora dalla critica un elemento di grande interesse. Si tratta, infatti, della prima opera prodotta dalla Beat Generation e ha uno stile che anticipa quello diventato in seguito celebre grazie a Pasto nudo o a Sulla strada, i volumi grazie ai quali si aprì una nuova fase per la narrativa americana.

Kerouac e Burroughs ricostruirono il delitto del Village alternandosi nella stesura dei capitoli: tra i due il più esperto in tema di letteratura era Burroughs, allora trentenne, e quindi spettava a lui il compito di correggere la prosa di Kerouac. E fu sempre Burroughs a decidere il titolo durante una serata in un bar: i due scrittori stavano ascoltando il radiogiornale della notte che si chiuse con la notizia di un incendio allo zoo di Londra. “Il fuoco si è diffuso tra le gabbie e gli ippopotami finirono bolliti nelle loro vasche”, disse il cronista. “Ecco il nostro titolo”, disse allora Burroughs. “E così fu”, testimoniò Kerouac in seguito.

Anche Ginsberg, in seguito, cercò di comporre un giallo ispirandosi all’omicidio del Village, ma abbandonò l’impresa dopo aver scritto solo poche pagine. Si trattava, evidentemente, di un episodio che il nascente gruppo dei Beat riteneva esemplare per riassumere il clima di quell’America anticonvenzionale poi celebrata in tutte le loro opere.

E concludiamo con l'ormai famoso video del surfista..a p.zza San Marco (Ve)!
 
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alupo
view post Posted on 4/12/2008, 17:19




Non so se va bvene, comunque ecco a voi immagini dei residui di una supernova esplosa... nel 1572! Repubblica.
 
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Sergej Orloff
view post Posted on 5/12/2008, 12:55




Ecco una notizia-annuncio di carattere archeologico tratta da Repubblica del 3 dicembre 2008.

CITAZIONE
Visite guidate sotterranee ai resti della città romana
Dentro Palazzo Vecchio si vede una strada medievale ma anche parti dell´antico teatro: con 5.000 spettatori era grande il doppio di quello di Fiesole

Alla scoperta della Firenze meno conosciuta, sepolta sotto a quella medievale e alla città attuale. Una visita guidata lunga un´ora e mezzo, che inizia dal museo "Firenze com´era", davanti al plastico che ricostruisce la città nata nel periodo augusteo, con il suo teatro, foro, terme e anfiteatro, tocca via del Proconsolo (il sottosuolo del ristorante "Alle Murate" custodisce un antico pontile d´epoca) e prosegue nei sotterranei di Palazzo Vecchio. Ed è qui che arriva la sorpresa, con la possibilità di accedere agli scavi archeologici che stanno riportando alla luce la struttura dell´antico teatro romano. L´ingresso è da via dei Gondi, e si scende direttamente sotto al cubo del palazzo del potere di Arnolfo di Cambio, tra le burelle (corridoi sotterranei) che portano alla scena e all´orchestra del teatro, orientate verso la direzione di piazza San Firenze.

La visita è guidata dall´assessore alla cultura Eugenio Giani, con la direttrice del Museo nazionale archeologico Carlotta Cianferoni che dirige gli scavi eseguiti dalla Cooperativa archeologia. Nell´ultima settimana, dallo scavo è emerso anche lo scheletro di un ragazzo probabilmente rimasto schiacciato durante i lavori di costruzione del teatro, oltre ad altri reperti come monete, pezzi di colonne, marmi del proscenio, frammenti di vetri, vasi e anfore. Muri possenti e pavimenti in lastre d´epoca fanno immaginare che il teatro, ipotizza Cianferoni, «fosse almeno il doppio di quello di Fiesole e contenesse anche più di 5 mila persone». Gli scavi iniziati nel '98 proseguono compatibilmente ai fondi investiti da Palazzo Vecchio, ma si prevede di ampliare l´area di indagine. I lavori proseguiranno scavando fino al livello del selciato del teatro romano, e consolidando via via le fondamenta di Palazzo Vecchio, «che sono solidissime - osserva Cianferoni - e non corrono alcun pericolo». Il cantiere mostra non solo la struttura del teatro, ma anche i livelli medievali, i pozzi e i canali di scarico, e persino un pezzo di via dei Bellanda, con le facciate delle case della famiglia Manieri. Prima che il cubo di Palazzo Vecchio ingoiasse tutto.

Le visite guidate si terranno ogni prima domenica del mese (dal 7 dicembre al 7 giugno, tre visite, alle ore 10, 11 e 12, gruppi di 20 persone a turno, ingresso 7 euro, prenotazioni 055-2768224-558 www.comune.fi.it). «E se avranno successo, ne programmeremo di più» annuncia l´assessore Giani, aprendo la caccia agli sponsor.

 
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view post Posted on 6/12/2008, 19:50
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Le super-formiche invadono l'Europa! A lanciare l'allarme è La Repubblica; per fortuna, prima di essere sbranati dagli instancabili (e da oggi resistenti) insettini, abbiamo il tempo di leggere l'articolo:

CITAZIONE
Le super formiche invadono l'Europa
Allarme in Gran Bretagna per la diffusione di una nuova specie euroasiatica, particolarmente coriacea
al nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - Anche le formiche, nel loro piccolo, possono fare dei danni. Specie se sono tante. E in particolare se sono cento volte più numerose del normale. La nazione che ha resistito al "blitz" di Hitler, il popolo simboleggiato dallo "stiff upper lip", capace di stringere i denti e comportarsi come nulla fosse in qualsiasi frangente, trema davanti alla minaccia di un'invasione da parte di una specie aliena. Ha un nome indigesto, tanto per cominciare: Lasius neglectus. E si cela scaltramente, come i mostri più pericolosi, sotto sembianze in apparenza innocue: ha lo stesso aspetto, infatti, della comunissima formica nera.

Eppure è una "super ant", si allarma il Daily Telegraph di Londra: una super formica, in grado di provocare disastri nel luogo più amato dai sudditi di sua Maestà britannica. No, non al pub, bensì nei giardini. I magnifici giardini inglesi, da Kensington Garden al pezzetto di terra nel cortile di casa, dove si coltiva la passione per il "pollice verde". L'invasione delle formiche straniere, scrive il quotidiano londinese, potrebbe risultare una rovina per prati, aiuole e piante.

Non solo: il loro sbarco nel Regno Unito rischia di spazzare via le formiche inglesi, il cui danno al giardinaggio è in proporzione assai minore. Da dove venga esattamente, il famelico esercito di minuscoli forestieri, non è chiaro. Secondo una ricerca finanziata dall'Unione Europea e pubblicata dalla rivista scientifica online Bcm Biology, si tratta di una specie euroasiatica, originaria della regione del mar Nero. I primi esemplari sono stati individuati nel 1990 a Budapest: da allora, il Lasius Neglectus ha marciato trionfalmente attraverso l'Europa, fino ad arrivare al canale della Manica e ad attraversarlo, minacciando anche la verde Inghilterra. I

ricercatori hanno localizzato colonie di "super formiche" in quattordici località da un capo all'altro d'Europa, da Varsavia in Polonia sino a Bayramic in Turchia, così come in Belgio, Francia, Spagna, Germania e anche in Italia. La diffusione iniziale è probabilmente imputabile a un'involontaria introduzione da parte dell'uomo, che magari l'ha portata con sé, dentro uno zaino o a bordo di un'automobile, di ritorno da un viaggio nel mar Nero.

Ed è verosimile che in modo analogo, sfruttando un "passaggio", la micidiale formichina sia arrivata in Gran Bretagna - non risultando tra i suoi superpoteri anche quello di nuotare. Di poteri particolari, scherzi a parte, ne ha in abbondanza. Prospera in ambienti urbani, anziché in habitat naturali. Tende ad essere molto aggressiva nei confronti delle specie native, sterminando gli insetti e perfino i ragni che incontra sul suo cammino. Riesce a sopravvivere sottozero perciò il suo raggio d'azione potrebbe potenzialmente estendersi dal Giappone fino alle Highlands della Scozia. Crea formicai da dieci a cento volte più grandi della norma: la regina, che non può volare, resta sempre sottoterra, dove intrattiene una vorace vita sessuale. È un tipaccio, insomma, in cui sarebbe consigliabile non imbattersi.

L'Europa, conclude il rapporto dei ricercatori, è stata attraversata altre volte da insetti invasivi di ogni genere, ma a quanto pare mai da una specie pestifera come questa. "L'Inghilterra vince sempre almeno una battaglia", sosteneva Churchill: "l'ultima". Vedremo se vincerà anche questa, e se così facendo salverà l'Europa. Nel frattempo, se incontrate Lasius Neglectus, occhio ai fiori sul davanzale.

(4 dicembre 2008)

Rimaniamo nell'ambito di animali "nuovi", con la finora inedita specie di pterodattilo ritrovato in Brasile:

CITAZIONE
il più grande mai scoperto, vissuto circa 115 milioni di anni fa
Il dinosauro volante dei laghi
Ritrovati in Brasile i resti fossili di una nuova specie di pterosauro Chaoyangopteridae

Era un «vagabondo dei laghi» (un Lacusovagus, come è stato battezzato) il dinosauro riconosciuto dal paleontologo inglese Mark Witton nei resti fossili di una porzione di teschio ritrovati in Brasile anni fa e conservati fino a questo momento in un museo tedesco.

MISURE RECORD – L'esemplare di rettile volante analizzato da Witton può essere considerato il più grande esemplare di pterosauro Chaoyangopteridae mai ritrovato ed è il primo identificato al di fuori della Cina, dove – nel Cretaceo inferiore – vivevano i dinosauri della stessa famiglia. La sua apertura alare era di 5 metri, era alto più di un metro e volava nei cieli brasiliani 115 milioni di anni fa. Come raccontato dal ricercatore, «alcuni tra gli esemplari precedentemente rinvenuti in Cina erano lunghi non più di 60 centimetri», ossia tanto quanto il solo teschio della specie appena scoperta.

ANCORA TANTO DA SCOPRIRE – Il fatto che il Lacusovagus sia stato ritrovato in Brasile «la dice lunga su quanto ancora ci sia da scoprire e comprendere sulla distribuzione e sull'evoluzione di questo gruppo di creature», ha detto ancora Witton, spiegando inoltre che i resti fossili dello pterosauro brasiliano sono molto frammentari. Lo scienziato dovrà quindi analizzare altri campioni prima di poter ricostruire le abitudini di vita dell'esemplare in questione.

Alessandra Carboni
04 dicembre 2008

La fonte è il Corriere della Sera; e sempre il Corriere riporta (in verità già da un po' di giorni) la notizia di una squisita birra creata nientemeno che..nello spazio!

CITAZIONE
Sono staTI REALIZZATI SOLO 100 LITRI INVECE DEI 630 PREVISTI IN PRECEDENZA
In Giappone è arrivata la birra spaziale
E' la prima produzione ottenuta con piante di orzo coltivate sulla Stazione spaziale internazionale

TOKYO - È fissata per l'inizio dell'anno nuovo in Giappone la degustazione della prima "birra spaziale", cioè ottenuta utilizzando piante di orzo cresciute sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per l'occasione il gigante nipponico degli alcolici, Sapporo Breweries, inviterà 30 coppie - già selezionate tramite estrazione a sorte - ad assaggiare la nuova bevanda presso i suoi sei stabilimenti sparsi nel Paese.

CENTO LITRI - Il produttore giapponese è riuscito a ricavare solo 100 litri della particolare qualità "Sapporo Space Barley" - che non è in vendita -, una quota decisamente inferiore ai 630 litri previsti in precedenza. Dai test effettuati nel 2006 nel modulo russo della Stazione Spaziale Internazionale, in uno studio in collaborazione con l'università di Okayama (Giappone occidentale) e l'Accademia delle Scienze, è emerso che l'orzo in questione può crescere in tale ambiente esattamente come avviene sulla terra. Una volta tornati sulla superficie terrestre, i semi sono stati coltivati congiuntamente dall'università di Okayama e dal produttore Sapporo.

02 dicembre 2008

Per finire con il Corriere, vi invitiamo a visitare la Disneyland del cambiamento climatico:tema che ogni mysteriano, e non solo, dovrebbe avere a cuore.

Rimaniamo in tema ecologico:se siete piromani, fareste bene a smettere. Non solo per ovvi motivi etici e ambientali, ma perchè non avete più scampo! Infatti, come riporta La Stampa, un uomo è sulle vostre tracce:

CITAZIONE
Io, un Ris per gli alberi
Lo scienziato che dà la caccia ai killer delle piante: "Sconfitti grazie al Dna"
ALESSANDRO MONDO

TORINO
E’ l’uomo che dà la caccia ai killer di alberi e piante. Si chiama Giovanni Nicolotti, serissimo professore universitario di 46 anni che parla come un carabiniere del Ris: «Come faccio? Con l’analisi del Dna. La stessa che la Scientifica utilizza per risalire da un mozzicone di sigaretta all’identità di chi l’ha tenuto fra le labbra».

E così facendo, di analisi in analisi, ha scovato il modo di incastrare i suoi nemici di sempre. Con i colleghi del Dipartimento di valorizzazione e protezione delle risorse agroforestali, Università di Torino, ha messo a punto una tenica infallibile che ricalca quelle di diagnosi precoce dei tumori già adottate in Medicina, basate sul rilevamento dei marcatori tumorali nel sangue. Ora verrà utilizzata dal Comune di Torino per salvare gli alberi che decorano e ombreggiano la città.

I loro avversari hanno nomi inquietanti, da sicari di professione. Quel che è peggio, mantengono le promesse giustiziando a colpo sicuro le loro vittime. Non subito ma nel corso degli anni, fino a quando i colossi che decorano e ombreggiano le nostre città cedono di schianto. Sono i funghi che attentano alla salute degli alberi e alla nostra sicurezza. Killer autoctoni. Più spesso importati da Paesi lontani, con una crescita esponenziale negli ultimi tempi. Ogni anno in Europa vengono introdotte 17 nuove specie di parassiti, solo trent’anni fa il numero era inferiore a otto. Da qui l’attenzione degli esperti, impegnati non tanto a curare nemici che raramente lasciano scampo ma a diagnosticarli quando le piante sono asintomatiche: apparentemente rigogliose ma bacate come una mela.

Non è un caso se l’ultima frontiera della prevenzione parte da Torino, abituata a fronteggiare con tecniche innovative le problematiche di un patrimonio arboreo imponente alle prese con un ecosistema urbano sempre meno favorevole. «Un problema vissuto da altre grandi città - premette l’assessore Roberto Tricarico (Verde pubblico) -. Ma questa volta è Torino a fare da apripista nel campo della ricerca applicata». La volontà di studiare una strategia preventiva, nata sei anni fa su impulso del Comune, si è concretizzata in un metodo senza precedenti che ha visto lavorare in squadra l’Università di Torino con quella di Berkeley, in California. Sei anni e 600 mila euro dopo, finanziati sul versante italiano da Comune ed Università, l’obiettivo è stato centrato.

Nicolotti, con i colleghi Paolo Gonthier e Fabio Guglielmo, ha puntato sull’analisi e sulla comparazione dei Dna. «Il lavoro più lungo è stato caratterizzare il Dna di 20 specie di funghi, alcune delle quali molto aggressive - spiega il professore, un po’ impacciato all’idea di essere considerato un «acchiappa-killer» -. Quando abbiamo il sospetto che un albero sia sotto attacco, preleviamo un campione di legno e lo facciamo reagire con le sequenze molecolari che abbiamo caratterizzato». La premessa è che in quel frammento può concentrarsi il Dna di svariate specie di funghi. Qual è il nemico? La risposta arriva da una serie di complicate reazioni chimiche. In sintesi, i due Dna dello stesso fungo, quello decifrato in laboratorio e quello contenuto nel campione, si riconoscono e si agganciano a vicenda, avvitandosi in un’unica «elica».

E’ la prova del nove per dare un nome all’avversario ed inchiodarlo alle sue responsabilità. «Di sicuro il nuovo metodo rappresenta un valore aggiunto rispetto alle tecniche di indagine tradizionali», spiega Gabriele Bovo, dirigente del Verde pubblico.

Giovanni Nicolotti
Classe 1962, laurea in Scienze forestali a Torino, professore universitario, Giovanni Nicolotti è specializzato nelle studio delle infezioni che colpiscono alberi e piante. I suoi ultimi lavori riguardano la biologia e l’ecologia dei funghi agenti di carie.

Sempre de "La Stampa", vi consiglio (non per motivi personali) di non perdere l'allegato settimanale TuttoScienze, con notizie riguardanti il mondo che ci circonda interessanti anche per noi. Un esempio? La rubrica "Misteri", dedicata questa settimana alla famosa "mummia delle Alpi" Oetzi.

Dal Messaggero arriva una brutta notizia:

CITAZIONE
E' morto Henry Gustav Molaison
l'uomo senza memoria


NEW YORK (5 dicembre) - Dal 1953 era diventato per tutti l'uomo senza memoria: un caso da manuale di neurologia. Henry Gustav Molaison è morto oggi in una casa di riposo del Connecticut, negli Stati Uniti. Aveva 82 anni.

L'«amnesia profonda», così l'hanno definita gli specialisti, è sopraggiunta in seguito a un intervento chirurgico a cui l'uomo si era sottoposto per correggere un disturbo cerebrale. Incapace da allora di formare nuova memoria, l'uomo ha conservato solo ricordi lontani e rarefatti: il crollo del'29, la Seconda Guerra mondiale, la nazionalità irlandese della madre. Dal momento dell'intervento Molaison ha vissuto come se ogni giorno fosse una novità: «Riusciva a conservare ricordi per circa 20 secondi, mantenerli per un periodo più lungo gli era però impossibile senza l'ippocampo su cui anni prima era stato effettuato l'intervento», ha raccontato Brenda Milner, una psicologa della McGill University di Montreal che aveva preso in cura Molaison. Dal passato, tal volta, emergeva qualche frammento: «Tutte memorie prive di sequenzialità, ricordi che non riusciva a inserire in una narrazione», ha commentato la dottoressa Corkin di Mit.

Il «caso Molaison» è stato al centro di innumerevoli studi: dalle dinamiche biologiche dell'apprendimento alla natura dell'identità personale. La morte di H.M. è stata confermata da Suzanne Corkin, la scienziata del Massachusetts Institute of Technology che per decenni aveva lavorato al caso e adesso ha ordinato di conservarne il cervello per studi futuri.

«La perdita della memoria lo ha reso indimenticabile» ha scritto il New York Times a proposito del paziente più famoso della neurologia.

Per distrarsi un po', niente di meglio di un bel giro al Museo di Memphis (non quella di Elvis!). E per oggi è tutto!
 
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view post Posted on 8/12/2008, 18:06
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Il Dybbuk

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CITAZIONE
Il declino dell'impero romano? Colpa della siccità

ROMA (5 dicembre) - Il declino dell'Impero romano nel Mediterraneo orientale, risalente a oltre 1.400 anni fa, potrebbe essere legato a cambiamenti climatici sfavorevoli. È questa la conclusione di uno studio dell'università del Wisconsin condotto da geologi statunitensi e israeliani, che sarà a breve pubblicato dalla rivista Quaternary Research.

I ricercatori hanno analizzato la composizione chimica di una stalagmite prelevata da una caverna vicina a Gerusalemme, ricostruendo così le condizioni climatiche della zona tra il 200 aC e il 1.100 dC. Dalle analisi emergerebbe che la parte orientale del Mare Nostrum sarebbe andata incontro a un periodo di forte siccità tra il 100 e il 700 dC (nonostante precipitazioni eccezionali intorno al 100 dC e il 400 dC), un periodo in cui il dominio romano era in fase di declino. «Se questo sia il fattore che ha indebolito l'impero non è chiaro - spiega John Valley, geologo dell'università del Wisconsin - ma si tratta di una correlazione molto interessante».

I ricercatori stanno ora applicando questa tecnica di indagine ad altri campioni di calcite prelevati dalla caverna vicino a Gerusalemme: si stanno focalizzando in particolare «sulla fine dell'ultima glaciazione risalente a circa 19.000 anni fa, il periodo più recente nella storia della Terra in cui il globo ha sperimentato un riscaldamento di 4-5 gradi». L'obiettivo è quello di studiare come cambiano le precipitazioni in risposta a rapidi aumenti di temperatura.

Da Il Messaggero
 
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