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| Buon numero, che mi ha preso dalle prime battute e mi ha incollato alla lettura senza interruzioni, anche se all’inizio non riuscivo a sbrogliare la matassa e capire come i nostri fossero traslati di secoli, con Martin che sembrava l’unico consapevole di essere un anacronismo, ma depositario di una tecnologia che mi ha fatto pensare che aveva fatto tappa nel futuro prima di tornare nel passato (ho pure preso in considerazione l’OP sul “Rhythm and Books”).
Poi l’anteprima storico… Io che rimuovo e resetto la memoria velocemente, un deja incredibile quando l’avventore si è offerto di comprare il fake, nonostante la truffa evidente. Mi ero detto... << Quando ho finito la lettura, giuro che vado ripescare quella storia sul draghetto sotto spirito trovato in cantina, perché per me Castelli, inconsciamente, ha riproposto paro-paro un’idea letteraria che aveva già utilizzato>>. Sarebbe stata una ricerca inutile, perché viene poi svelato che l’albo era invece il recente CHIMERE (avrei scartabellato a vuoto un pomeriggio con quel tarlo irrisolto).
L’enigma quindi è risolto, e la storia acquista coerenza e incastra tutti i tasselli. E ‘un po’ come quel video-parodia fatto da Elio riferito a quello de “Le Vibrazioni”: cambia l’osservatore e la prospettiva. Quando l’alieno ricercato esce dal locale aveva alle costole un agente alieno, che lo ha braccato per molto tempo, mostrandoci uno spaccato della caccia che, da CHIMERE, sappiamo non poteva finire positivamente. Buona anche la cura dei dettagli per evitare bug narrativi: Martin conosce vagamente la console grazie all’ultimo rapporto dell’agente alieno e, in parte, dall’avventura vissuta nel n.358; Java trova finalmente Martin (bella l’idea di mandarlo in avanscoperta dopo aver sviscerato le foto) grazie al segnale luminoso… La terza, l’unica che stride, (e stavolta il buon Aldous ha tutta la mia benedizione) è la scusa per giustificare la “doppia fine” di Roanoke (Un giorno spiegheremo! ... Si, come no!). Bello il finale: il vero tesoro, ugualmente inaccessibile, custodito nella mente di una larva.
Sui disegni ero partito prevenuto, perché i volti grotteschi non mi sfagiolano tanto. Poi mi sono ricreduto strada facendo, funzionali alla popolazione dell’epoca “sporca”, costituita da selvaggi, banditi, puttane e straccioni. Per non dire dei paesaggi e delle immagini a campo allargato che sono resi in modo fantastico. Ma non posso perdonare chi disegna Diana con le tette cadenti!.... Comunque questo upgrade batte chimere 2 a 0.
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