CITAZIONE (G. Nevio @ 17/9/2020, 18:37)
Allora, a parte che il "verbo" in questione non è in nessun dizionario (ma è una spiegazione insoddisfacente): Stormur, mi meraviglio di te, lasciamo le spiegazioni pseudolinguistiche della Crusca ai maestrini petalosi.
L'italiano non ha "un vuoto", semplicemente, a livello concettuale, l'italiano (come del resto il latino) non accetta che una azione legata al pensiero cosciente attivo e individuale (dubitare, essere perplesso) possa essere imposta alla persona dall'esterno. Per cui non "mi perplime" ma "quella cosa mi lascia perplesso", cioè mi dà motivo di pensare un dubbio.
E del resto non è vero che "esiste da tempo", è un neologismo inventato, ovviamente per scherzo, dal leggendario Rokko Smitherson...
* (perplexor significa "confondere, ingarbugliare", termini che appunto, pur con altre radici, esistono in italiano...)
Attento, caro Nevio, rischi di entrare in un campo di rovi...
E la discussione venne deragliata.
Premettendo che non ho niente contro i fiori petalosi
, il "vuoto" è semplicemente lessicale, non è questione di concetti! Può essere che
perplexus sia nato senza che necessariamente sia mai stato usato il verbo
perplectere implicato da questa forma participiale, mentre in italiano
plectere ha lasciato il campo all'equivalente
flettere (forma dall'aspetto dotto, o quanto meno non popolare) e soprattutto a
piegare (con la stessa radice di
plectere). E questo spiega perchè esista solo questa forma "difettiva": è nata già così! E non si è imposto neanche il derivato (forse di tipo intensivo)
perplexor che citi, sempre che sia stato mai effettivamente usato al di fuori della letteratura.
Fra l'altro non sarei così sicuro che l'essere perplessi dipenda da un pensiero cosciente e attivo, anzi, il contrario... La stessa parola è una forma passiva, come tutti i participi perfetti (e in questo caso non ci sono deponenti di mezzo, che comunque in italiano non esistono più), e a quel punto non è nient'altro che questione di simmetria che, se io sono perplesso, qualcosa mi per... pletta!, così come se sono indignato qualcosa mi indigna, se sono sorpreso mi sorprende... ovvio, il giochino funziona solo se il verbo alla base è transitivo! E che un verbo sia intransitivo più che transitivo in un dato momento è dovuto agli arzigogoli della lingua nelle ere. L'espressione "lasciare perplesso" sorge non tanto da una propensione dell'italiano a "concettualizzare" le cose in un certo modo, ma proprio da questo buco lessicale che bisogna circonlocuzionare (!). Anche negli altri casi è un'opzione presente ("la vicenda mi lascia indignato"), che esprime una certa sfumatura aspettuale rispetto alle altre. Insomma, siamo di fronte a una necessità, non a una legge della lingua, che non c'è (ma non nego che ci siano delle tendenze, che procedono più che altro per analogia).
Quando dicevo che esiste da tempo mi riferivo a
(per)plectere, non al mirabolante
perplimere del Rokko! Che poi avrà più successo perchè suona più buffo, e me ne devo fare una ragione.
E infin mi taccio