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| Gran bel numero, anche se a livello di atmosfere mi è piaciuto di più il film Moon (che comunque parla di altre cose). Contenutisticamene ne Il lato oscuro della luna è frullato un po' tutto quel che mi piace, però ho l'impressione che, aldilà dell'interpretazione, qualcosa non torni. La luna è Selene-Ecate-Diana, le Moire, ovvero la Grande Madre, l'utero, la sede del senno, la fine e l'inizio della vita. Perfetto. Molto riuscita anche l'opposizione fra la madre (dalla quale Lloyd deve staccarsi, come tutti, prima o poi - e qui, essendo Lloyd un sognatore l'abbandono è giocoforza traumatico) e la Madre-Luna (alla quale Lloyd, come tutti noi, prima o poi, arriva) è ok. Pure la narrazione è ok: il protagonista è morto, o non è ancora nato, è uguale. In ogni caso la vicenda spaziale è puro simbolismo, il che spiega le piccole incongruenze storiche. Ok. Rimangono però i due compagni di viaggio. Chi sono? Perché loro due? Perché si chiamano come si chiamano? E perché poi spariscono? In una storia in cui nulla vuole essere casuale ogni piccolezza deve avere un motivo. L'unica spiegazione che mi sono dato è che simboleggiano i due approcci alla vita: il sognatore/brava persona che voleva fare l'astronauta e ora è un serio comandante (Richard Watson) e lo scapestrato intrallazzatore (Jeff Davis), per il quale la vita va goduta, e sticazzi delle convenzioni della società. Forse pure loro due possono essere ricondotti al trio padre-fratello-madre, tutti e tre idealisti ma anche concentrati più sui cacchi propri che su quelli dei loro cari e del mondo che li circonda (il padre deve per forza andare in missione, il fratello preferisce leggere che giocare, la madre vuole scopà). Da qui all'ineluttabilità della vita, alla caduta del sogno americano (il vecchio zingaro) ecc. il passo è breve. Dall'esplosione di luce al silenzioso buio (prima vignetta, ultima vignetta), dal ventre al cosmo, dalla madre di ciascuno di noi alla Grande Madre, dalla vita alla morte (anzi, dalla non vita alla non vita - passando, nel caso di Lloyd Clark, per la "non vita"!), tutto è stato già scritto, tutto è stato già detto, qua nessuno si inventa più niente. Se fossi americano direi: "Polvere alla polvere" o "Polvere eravamo, polvere ritorneremo". Di stelle o di terra, è uguale.
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