| Caro Sergej,
io sono sempre stato un grande ammiratore di Alfredo Castelli: leggevo tutto quello che scriveva. Quindi, appena è uscito, mi sono precipitato a comprare Martin Mystere. Il tipo di storie mi piaceva anche al di là dell’autore, dato che per la prima volta Bonelli pubblicava una serie più o meno fantascientifica. Ultimamente, però, devo ammettere che seguo Martin in maniera discontinua, e non solo perché Alfredo vi scrive sempre meno. Non so se hai presente il “Mito della caverna” che Platone racconta nella Repubblica. C’è un tizio, mi sembra si chiamasse Er (se non fossi pigro come un bradipo andrei a controllare sulla Wiki), che sin dalla nascita si trovava legato in una caverna. Tutto quello che vedeva davanti a lui erano le ombre dei burattini che un gran fuoco proiettava sulla parete rocciosa. Questo tizio, quindi, degli uomini aveva una conoscenza molto limitata, dato che vedeva solo le ombre dei loro pupazzi. Poi, a un certo punto, a causa di un terremoto (sempre se non ricordo male), Er si libera dalla caverna ed esce in superficie, dove, per la prima volta, vede la realtà “vera”. Ora, togliamo il senso filosofico di questa parabola e consideriamola come una “teoria del mistero”. Il mistero è tale finché non si sanno come stanno veramente le cose, quando ci si domanda, in base a qualche elemento indiretto, come potrebbero essere. Direi che questa fase di “ignoranza” necessaria, secondo me, per creare un effetto misterioso corrisponda al primo centinaio di albi di Martin. Poi Martin è uscito dalla caverna e attraverso Agarthi e simili ha cominciato a razionalizzare il mistero, uccidendolo. Ecco, il (mio) problema è che in Martin non percepisco più il Mystère. Però si tratta solo di gusti personali. D’altro canto, devo dire che oggi Martin viene supervisionato in maniera eccellente, cosa che non succedeva prima, come forse avrai capito dai miei interventi su “L’Olandese volante”, “Mutanti” e “La falce del druido” (a proposito di “mistero”, in questi episodi avrai notato delle contraddizioni circa la fine di Atlantide: volevo dare l’idea che le informazioni giunte fino a noi, da diverse fonti, dovessero essere prese con cautela).
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