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| Ho recuperato questo Maxi, l'ho letto da poco e ho votato "sufficiente" al sondaggio, nonostante il voto sarebbe potuto essere peggiore. Premio il soggetto ben orchestrato e una sceneggiatura che riesce con sobrietà e ironia a riprendere l'atmosfera del MM archeologo e avventuriero delle prime storie, pur nella profonda trasformazione dialettica che ha vissuto negli anni '90 e 2000, e pur nella dimensione nostalgica di un passato che non può certamente tornare. Spiegoni di trama a parte (non si rinuncia mai, in casa Bonelli, a far dire ai personaggi "adesso sto facendo questo perché prima ho fatto quell'altro, per le motivazioni che ti ho detto": non sia mai che poi il lettore distratto debba tornare una pagina indietro a leggere che è successo) i problemi grossi sono i soliti: un finale affrettato che, per ragioni di spazio, sacrifica una argomentazione più approfondita e sensata, e taglia la parte più interessante, cioè il contenuto concettuale dell'opera, sulla conoscenza e sul suo corretto uso (viene tutto, insomma, accennato molto ellitticamente dalle pagine finali). E poi, l'altra cosa che annoia e infastidisce è questo insistito materialismo nello spiegare le origini dei culti antichi: possibile che a ogni storia bisogna far passare gli antichi per dei cretini, che non capivano la scienza e dunque la facevano passare per opera divina? La spiritualità è ben altra cosa, non ha nulla a che vedere con la potenza dei fulmini, e di sicuro non può essere prodotta da attrezzature scientifiche (vedi la spiegazione finale assurda sull'entità protagonista della storia). Peccato, la prima metà della storia era veramente notevole.
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