Agarthi - Il Forum di Martin Mystère

Almanacco del Mystero, notizie insolite,curiose,mysteriose tratte dalla stampa non specializzata

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view post Posted on 29/1/2007, 19:01
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Il Dybbuk

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Visto che sull'almanacco vero e proprio non si fa più, apro questo topic in cui postare notizie,articoli,foto ecc... insolite, curiose, mysteriose, ovvero che potrebbero rientrare nella sfera d'interesse del BVZM. Il tutto, ovviamente e rigorosamente, tratto dalla stampa(nel nostro caso, siti web) non specializzata!

Comincio con questa notizia tratta da Corriere.it del 26/01/2007, che secondo me a Martin sarebbe interessata:

CITAZIONE
Finora non si sapeva come si formassero le sfere di fuoco elettrizzate I fulmini globulari non hanno piu' misteri Due fisci brasiliani hanno riprodotto il meccanismo fisico e chimico che li genera . Allo studio apparati per evitarli
BRASILIA - Si formano improvvisamente, nell’aria carica di elettricità, durante i violenti temporali: sono sfere di fuoco variopinte che danzano minacciosamente, sospese pochi metri sul terreno, talvolta irrompono nelle abitazioni, terrorizzando i malcapitati spettatori e, nei casi più sfortunati, uccidendoli. Gli scienziati li chiamano «fulmini globulari», per distinguerli dalle classiche saette che disegnano nel cielo luminosissime linee a zigzag; ma finora non sapevano spiegare da dove scaturissero. Ebbene, dopo due secoli e mezzo di esperimenti e di studi (a partire da Benjamin Franklin), il mistero dei temibili fulmini globulari è stato finalmente svelato. Due fisici sperimentali brasiliani, Antonio Pavo e Gerson Paiva, dell’Università Federale di Pernambuco (Brasile), hanno annunciato di avere riprodotto con successo nel loro laboratorio il processo di formazione dei fulmini globulari, basandosi su una teoria fisica precedentemente formulata dal loro collega statunitense Graham Hubler, dell’ U.S. Naval Research Laboratory di Washington.
FENOMENO ELETTROCHIMICO - In termini molto semplici, la teoria prevede che i fulmini globulari siano il risultato di fenomeni elettrici e chimici. Il punto di partenza è un classico fulmine che scarica la sua energia a terra. Nel punto di impatto si producono altissime temperatura che vaporizzano gli elementi chimici come il silicio contenuti nel suolo. Le particelle di silicio, a loro volta, combinandosi con l’ossigeno presente nell’atmosfera, formano una nuvoletta incandescente di plasma (gas ad alta temperatura) di dimensioni variabili da una palla da tennis a un pallone di calcio. Così il fulmine globulare comincia a fluttuare nell’aria per qualche secondo, emettendo bagliori variopinti e terrorizzando la gente, prima di dissolversi, talvolta con un fragore assordante. Prima ancora che fossero documentati fotograficamente, i fulmini globulari sono stati disegnati anche da incisori di stampe del ‘700 e dell’800. E dobbiamo al bulino di uno di questi artisti la rappresentazione di quel che accadde nel 1753 allo sfortunato fisico Georg Richmann, emulo Franklin, che faceva penetrare l’elettricità atmosferica nel proprio laboratorio attraverso lunghi fili elettrici, ma che fu letteralmente carbonizzato dalla formazione di un fulmine globulare.
PROTEZIONE - I due fisici brasiliani, prudentemente protetti da opportuni schermi, hanno costruito un arco voltaico da 140 ampere che vaporizza un wafer di silicio e crea, in rapida successione, raffiche di fulmini globulari che rotolano minacciosi nel loro laboratorio universitario. «Così abbiamo anche potuto misurare la vita media di questi fenomeni che varia da 2 a 8 secondi». Dimostrata la validità della teoria, annunciano i ricercatori, ora si tenterà di mettere a punto i sistemi di sicurezza più adatti per difendersi da questi insidiosi compagni dei fulmini atmosferici.
Franco Foresta Martin
26 gennaio 2007

Questo è il link:I fulmini globulari non hanno piu' misteri


Prof, ovviamente sei libero di cancellare il topic, qualora l'iniziativa non dovesse interessare
 
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Andrestarworld
view post Posted on 25/10/2007, 21:07




Incredibile notizia di genetica pubblicata da Repubblica: L'uomo di Neandertal aveva i capelli rossi e la pelle chiara! :o:
(uomo di Neandertal clicca qui per leggere l'articolo)

Come ve lo immaginate Java dai capelli rossi? :blink:
 
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view post Posted on 26/10/2007, 18:37
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Il Dybbuk

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Come Malgioglio :D
 
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lo sbudellatore
view post Posted on 26/10/2007, 19:01




me lo immagino inca]]ato nero, anzi rosso.
 
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view post Posted on 30/1/2008, 20:57
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Vecchio Saggio

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credo che sia una particolare sottorazza
non quella mongola da cui proviene Java :D
che poi Neanderthal si trova in Germania, mi pare :hmmm:
 
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view post Posted on 17/11/2008, 18:39
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Il Dybbuk

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http://www.lastampa.it/multimedia/multimed...3679&tipo=VIDEO

Prime foto di un pianeta esterno al Sistema Solare. Si tratta di Fomalhaut (B), come tutti sapete. Nel link un video-articolo.

Qui una bella foto :)
 
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view post Posted on 19/11/2008, 18:37
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Il Dybbuk

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Con il mezzo consenso dello Staff, ci riproviamo:riprende l'iniziativa :)

Notizia abbastanza fresca, tratta da "La Repubblica del 18/11/2008 (ma si trova in quasi tutti i principali quotidiani):

CITAZIONE
Ecco la famiglia
più antica del mondo
Scoperta in Sassonia la sepoltura di una coppia con due figli. Vissuti nell'età della pietra, morti in guerra, furono tumulati uniti

di ELENA DUSI

Ha 4.600 anni la storia d'amore più lunga. Gli archeologi hanno trovato l'uomo e la donna ancora uniti. Hanno liberato dalla terra le loro ossa intrecciate e hanno notato che tra le braccia stringevano anche due bambini. In piena età della pietra, quella venuta alla luce a Eulau in Germania è la prima famiglia umana di cui si abbia una conoscenza certificata con il test del Dna: niente a che vedere con l'uomo dalla clava in mano dei fumetti, ma un'immagine di unione e pietas familiare. Anche se le circostanze della morte della coppia e dei loro figli parlano di un'epoca di violenza furiosa fra le varie tribù di umani.

Le ultime ore della famiglia di Eulau sono state trascorse in battaglia, probabilmente con il gruppo di un altro villaggio. Il figlio minore di 4 o 5 anni ha il cranio sfondato. I genitori e il primogenito di 8 o 9 anni hanno fratture sugli avambracci, come se avessero tentato di difendersi. Attorno ai loro scheletri sono state deposte le asce e i gioielli che gli appartenevano in vita. Alcune sepolture più in là, una donna ha una punta di freccia conficcata in una vertebra. In tutto tredici individui sono stati sotterrati nella collina di Eulau. Oltre alla coppia con due figli, c'è una donna con i suoi tre bambini, un uomo con due "cuccioli" di 4 e 5 anni e un'altra madre con quello che probabilmente era suo figlio e aveva 5 anni al momento della battaglia.

Dopo la strage, qualcuno che era scappato mentre asce e lance roteavano, è tornato per ricomporre i cadaveri. E li ha sepolti tenendo conto dei loro legami familiari, sistemando in un abbraccio millenario l'uomo e la sua donna con i due bambini accoccolati al petto, come se proteggerli servisse ancora a qualcosa. "La loro unione nella morte suggerisce un'unione anche nella vita" scrivono i ricercatori inglesi e tedeschi delle università di Bristol e di Mainz guidati da Wolfgang Haak. Anche se la tomba di Eulau è stata scavata a partire dal 2005, è solo oggi che la rivista Pnas (Proceedings of the national academy of sciences) pubblica i risultati degli esami svolti con il Dna, la datazione al radiocarbonio e l'analisi delle molecole contenute nelle ossa e nei denti.

Qualche elemento in più sui rapporti fra uomo e donna nell'età della pietra arriva proprio dallo studio dei denti. La loro composizione racconta infatti di quali alimenti si sia nutrito un individuo durante l'infanzia, quando incisivi e canini si sviluppano. Tutte le donne sepolte a Eulau, hanno scoperto Haak e i colleghi, hanno seguito una dieta diversa dagli uomini e dai figli che sono nati dalle loro unioni. "Segno che erano originarie di villaggi diversi e si sono trasferite nella dimora del marito nel momento in cui hanno generato i bambini".

I ricercatori non si illudono però che nel terzo millennio avanti Cristo le famiglie umane avessero assunto una forma simile a quella codificata con il matrimonio moderno. "Quella che abbiamo scoperto è la famiglia più antica il cui legame sia stato confermato dal test del Dna" scrivono. "Ma sappiamo anche che in quel contesto e quell'epoca le unioni poligame erano prevalenti e le coppie vivevano spesso vicende personali

A questo link due splendide (in senso lato) foto.
Ma si tratta davvero della famiglia più antica? Scienza Esperienza, il 19/01/2005, pubblicava:
CITAZIONE
Scoperta la famiglia più antica?Un gruppo di nove ominidi scoperti in Etiopia potrebbero essere il più antico nucleo familiare mai scoperto fino a oggi.

Un gruppo di paleontologi dell'Università dell'Indiana (Stati Uniti) ha scoperto in Etiopia i resti di nove ominidi vissuti tra i 4 300 000 e i 4 500 000 di anni fa. Molto probabilmente si tratta della più antica famiglia o tribù di ominidi che sia mai stata trovata.

A scoprirli è stato un gruppo di paleontologi dell'Università dell'Indiana (Stati Uniti) guidati da Sileshi Semaw, del Dipartimento di Antropologia dell'ateneo statunitense, che hanno descritto la loro ricerca su "Nature". I ricercatori hanno trovato denti, frammenti di mandibola, di mani e di dita, mischiati a resti fossili di animali coevi: scimmie, talpe e erbivori simili alle mucche.

La scoperta è stata compiuta nella zona di Duma all'interno della regione dell'Afar. I resti appartengono alla specie Ardipithecus ramidus, una popolazione nota grazie ad alcuni ritrovamenti nella zona di Gona.

Da un primo esame dei fossili sembra che questa popolazione sia vissuta in un ambiente misto, una foresta molto aperta o una savana che confinava con una zona più ricca di alberi. Gli ominidi, secondo i ricercatori dell'Indiana, avevano una postazione eretta, si trattava di bipedi che vivevano sia a terra sia sugli alberi. Per capire meglio come vivevano questi nostri antichi antenati infatti i ricercatori puntano a valutare che tipo di dieta avevano.

"Nella zona in cui abbiamo trovato questi resti — ha spiegato Sileshi Semaw — c'erano diversi tipi di habitat nei quali questi ominidi potevano travare le loro risorse. Il nostro obiettivo è ora quello di riuscire a comprendere al meglio quale di questi habitat fosse stato quello preferito dagli Ardipitecus ramidus e quindi conoscere anche di cosa si nutrivano".

Un primo esame dei denti sembra però rivelare una dieta a base di vegetali, anche se non esclusiva. Gli Ardipithecus ramidus vivevano in gruppi che si spostavano sul territorio in cerca di cibo, seguendo probabilmente la stagionalità dei vegetali e, occasionalmente, andando a caccia di piccoli animali.

 
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alupo
view post Posted on 19/11/2008, 19:21




Ma si possono postare pure articoli più vecchi?
 
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Sergej Orloff
view post Posted on 19/11/2008, 23:35




@ alupo: se hai qualche articolo "vecchio" di argomento mysterioso, posta pure ;)

Aggiungo questa notizia tratta da Repubblica del 19/11/2008:

CITAZIONE
Mappa genetica del mammut: la prima di una specie estinta
Nature: Scienziati dell'università della Pennsylvania sequenziano il Dna dell'antenato dell'elefante. Fra loro differenze minime

JURASSIC Park da oggi è un po' meno fantascienza: a migliaia di anni dalla sua estinzione, gli scienziati sono riusciti a ricostruire la mappa genetica del mammut. E' la prima volta che succede per una specie estinta e tecnicamente potrebbe schiudere l'ipotesi di arrivare in futuro alla clonazione di un animale scomparso dall'antichità.

Su Nature i ricercatori dell'università della Pennsylvania, coordinati da Stephan C. Schuster, ricostruiscono il modo in cui hanno decodificato il materiale genetico dell'antenato dell'elefante, partendo da diversi campioni di Dna estratti da peli. Confrontando campioni differenti hanno ricomposto l'archeo-puzzle, arrivando ad un risultato completo per almeno l'80 per cento.

"Un risultato molto importante perché completa quello che finora era stato realizzato solo a pezzi", spiega il professor Giuseppe Novelli, direttore del laboratorio di genetica medica al Policlinico "Tor Vergata" a Roma. "Da 13 milioni di basi identificate in passato si passa ora a 4 miliardi, un successo notevole dovuto prima di tutto alla tecnologia".

Sbirciando dentro il passato nel genoma del mammut - grazie a materiale estratto dai peli di un esemplare mummificato rimasto sepolto nel permafrost siberiano per 20mila anni e di un secondo esemplare che ha almeno 60mila anni - gli scienziati hanno scoperto che le differenze fra l'animale estinto e il suo parente più prossimo, l'elefante moderno, sono minime: lo 0,6 per cento.

E che la differenziazione fra i mammut e gli elefanti è avvenuta circa 6 milioni di anni fa, nello stesso momento in cui l'uomo e lo scimpanzè si sono separati. Qui, però, è successo qualcosa di diverso: mentre l'evoluzione tra mammut ed elefante è avvenuta in modo lento e graduale, quella fra uomo e scimpanzè si è accelerata, portando in modo molto più rapido a due specie distinte.

Ora l'idea di riportare in vita specie perdute, come accadeva per i dinosauri di Jurassic Park, diventa più plausibile. "Decifrando il genoma potremmo teoricamente generare dati che in futuro potrebbero permettere ad altri ricercatori di far resuscitare il mammut, inserendo quelle sequenze di Dna che lo caratterizzano in maniera unica dentro il genoma dell'elefante moderno", ipotizza Schuster.

Senza scomodare cinema e letteratura, ciò permetterebbe agli scienziati di recuperare informazioni genetiche che si credevano perdute, per fare luce sulle cause che hanno portato alla loro scomparsa. "Tecniche simili servono agli scienziati per scoprire qualcosa in più della nostra storia evolutiva", spiega Novelli. "L'ipotesi affascinante è quella di avere una cosa viva da qualcosa che non esiste più, come è stato sperimentato recentemente nel topo. Si potranno scoprire virus o malattie magari responsabili della scomparsa di una specie" continua il genetista. "E avere informazioni preziose su virus a noi sconosciuti, con possibili ricadute mediche che potrebbero anche portare a nuovi farmaci", conclude.

 
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alupo
view post Posted on 20/11/2008, 11:36




alloram i aggrego:

da Repubblica del 28 marzo 2006

CITAZIONE
Gli italiani trovano a Nassiriya
un'antica biblioteca sumera
di GIAMPAOLO CADALANU

Gli italiani trovano a Nassiriya
un'antica biblioteca sumera

Una tavola della biblioteca

NASSIRIYA - La collinetta sopra il villaggio dell'antica Eridu era un posto strategicamente invitante. Alta e isolata, in una regione desolata e pianeggiante: ai generali di Saddam Hussein era sembrata il posto ideale per mettere una postazione antiaerea. Nessuno poteva obiettare. Il sito archeologico che stava lì sotto, ben noto agli studiosi, era l'ultima preoccupazione. c'era infatti da affrontare l'esercito americano nella madre di tutte le battaglie. L'unità irachena era durata pochissimo, spazzata via dall'aviazione Usa nei primi momenti dell'offensiva. Nell'attacco degli F-16 qualcosa si era smosso sotto il terreno. Tavolette di argilla e pezzi di pece, insolitamente lisci, erano rimasti sparsi sotto il sole e la polvere della provincia di Dhi Qar. Fino a ieri.

Nel frattempo, "Antica Babilonia" aveva stabilito il suo quartier generale poco lontano. Aveva avviato il suo impegno, l'aiuto nella ricostruzione del paese, a due passi dalla ziqqurat di Ur, simbolo dell'antica capitale sumera. Pochi mesi prima l'esercito del raìs, senza nessuno scrupolo, l'aveva trasformato in un'altra postazione antiaerea, ma per fortuna il tempio era sopravvissuto all'offensiva degli alleati. Però i soldati non avevano molto tempo per il turismo. Le operazioni umanitarie, gli sforzi per la ricostruzione, gli aiuti alla gente, la sorveglianza alle strutture superstiti e ai pozzi di petrolio, erano impegno più importante.

E quando all'inizio di marzo una delegazione del Consiglio nazionale delle ricerche, guidata da Giovanni Pettinato, grande esperto di culture mesopotamiche, è arrivata in Iraq per verificare che cosa era rimasto delle ricchezze archeologiche, qualcuno da Roma ha chiesto che i soldati garantissero la sicurezza degli studiosi. Un incarico in più, fra i tanti, in mezzo alla polvere del deserto, da accettare senza discussioni.
Tanto più che fra i carabinieri della Unità specializzata multinazionale c'erano anche esperti di archeologia, utilizzati per preparare le guardie irachene a combattere i tombaroli e dunque ben disposti a scorrazzare gli studiosi sui siti della ricerca, a coprirgli le spalle e ad assisterli nella ricerca.

Poi dai sassi delle colline attorno a Nassiriya sono emersi i tesori. Prima è saltata fuori la pietra angolare di un tempio dedicato al dio Nanna, con un'iscrizione che Pettinato ha subito letto. "Letto", insiste con orgoglio il professore, "non tradotto". Ieri poi fra le zolle del Dhi Qar prosciugate dal sole sono ricomparse le tavolette di argilla e i pezzi di pece, distribuiti dall'esplosione o forse anche da un cedimento del terreno. Silvia Chiodi, collaboratrice di Pettinato, si è fermata incredula: sulle tavolette, e anche sulla pece, c'erano tracce di iscrizioni. "Si sbracciava gridando: Giovanni! Giovanni! Vieni immediatamente!", racconta lo studioso.

L'entusiasmo era giustificato: i reperti testimoniavano che il sito di Eridu, conosciuto come "preistorico", in realtà ospitava opere scritte. "Testi storici, letterari, lessicali del periodo paleo-accadico", dice Pettinato: in parole povere, scritti di ogni tipo, persino nozioni di botanica e mineralogia, compiti scolastici e testi accademici dell'antichità. I pezzi di pece, invece, hanno conservato le iscrizioni agendo come un calco. In passato qualcuno aveva cercato di utilizzare le tavolette d'argilla come mattoni da costruzione, usando la pece come collante: le iscrizioni sono impresse "in negativo" sulla pece, e non è improbabile che possano servire a sostituire pezzi mancanti.
L'esperto di assirologia non ha esitazioni: "Non si sbaglia se si definisce questo ritrovamento l'enciclopedia più antica della storia dell'umanità", aggiunge il professore, e va oltre: "Questa scoperta ci costringerà a riscrivere i libri di storia. I miei, quelli degli altri: tutti".

Pettinato e i suoi hanno contattato Bagdad, per segnalare il ritrovamento ai responsabili del museo della capitale, che ora dovranno provvedere alla raccolta e alla catalogazione degli scritti. Poi è tornato a Campo Mittica, dove era difficile capire chi fosse più soddisfatto, fra i soldati della Brigata Sassari e gli archeologi. I militari hanno offerto a Pettinato un giro sull'elicottero HH-3F per vedere Eridu dall'alto. Ma il professore ha sorriso: "No. La nostra parte è finita".

 
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view post Posted on 22/11/2008, 19:14
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Il Dybbuk

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Risolto uno dei tanti enigmi riguardanti le piramidi d'Egitto? Stando a Repubblica sembrerebbe di sì:
CITAZIONE
Piramidi, mistero risolto
"Costruite dall'interno"
La scoperta di una piccola cavità in quella di Cheope avvalora l'ipotesi di un tunnel inclinato e a forma di spirale che dalla base raggiungeva la sommità. L'architetto Jean-Pierre Houdin: "Per secoli ignorata l'evidenza che era lì"
di LUIGI BIGNAMI

Torino Da antiche civiltà scomparse agli extraterrestri. Le ipotesi sul modo con cui furono costruite le piramidi egizie si contano a decine. Ma rimanendo con i piedi per terra e seguendo i canoni della scienza le congetture su come gli Egizi impilarono più di due milioni di blocchi pesanti anche 70 tonnellate si restringono a poco più di un paio.

Secondo l'idea che va per la maggiore i blocchi furono sovrapposti attraverso una rampa esterna sulla quale venivano fatti scivolare i giganteschi "mattoni". Ma ora la scoperta di una piccola cavità potrebbe dare ragione all'ipotesi in base alla quale la piramide di Cheope, risalente a circa 4.500 anni fa, fu costruita dall'interno, attraverso un tunnel inclinato e a forma di spirale che dalla base della piramide raggiunge la sommità.

Questa ipotesi è stata avanzata dall'architetto francese Jean-Pierre Houdin il quale ha detto: "Per secoli gli archeologi hanno ignorato l'evidenza che era lì di fronte a loro. L'idea che le piramidi furono costruite dall'esterno era proprio sbagliata. Ma se si parte da un elemento base errato per risolvere un problema non si arriverà mai alla soluzione. E questo è ciò che è successo nello studio delle piramidi egizie".

"In realtà tutte le ipotesi che sostengono che le piramidi furono costruite dall'esterno presentano dei problemi irrisolvibili, anche se considera la possibilità di un'unica lunghissima rampa di accesso. Per trasportare blocchi a 147 metri d'altezza, la rampa sarebbe dovuta essere lunga almeno un chilometro e mezzo. Sarebbe stato come costruire due piramidi anziché una", ha detto l'egittologo Bob Brier della Long Island University di New York (Usa).

L'ipotesi invece che vuole che la rampa sia stata costruita ruotando attorno alla piramide avrebbe reso impossibile o per lo meno alquanto complesso ai costruttori l'utilizzo degli angoli e dei lati necessari per i calcoli durante la costruzione. "L'ipotesi poi, avanzata da Erodoto nel 450 avanti Cristo, che per la costruzione si sarebbero utilizzate gru o rampe di legno non sta in piedi perché per fare ciò non ci sarebbe stato legno sufficiente in tutto l'Egitto", sottolinea Brier.

Ma cos'ha di innovativo l'ipotesi di Houdin? Secondo l'architetto la Grande Piramide fu costruita in due stadi. I blocchi furono trascinati su di una rampa per costruire la base della piramide, che contiene la maggior parte dei blocchi. Nella seconda fase i blocchi utilizzati all'esterno per la rampa iniziale furono riciclati per la parte superiore della piramide e questo potrebbe spiegare perché non ci sono tracce del piano inclinato originale. Josef Wegner dell'Università della Pennsylvania (Usa) ha detto: "L'idea di utilizzare piccoli blocchi già squadrati per costruire la rampa più bassa, per poi smantellarla al fine di utilizzare il materiale per i piani superiori è sensata e logica, anche perché avrebbe accelerato di molto la costruzione".

Spiega Houdin: "Dopo aver costruito la fondazione della piramide, gli operai iniziarono a costruire un tunnel inclinato, interno alla piramide e a forma di cavatappi che seguì la crescita della piramide stessa fino alla sua cima. Poiché il tunnel si trova dentro la piramide, quando venne terminata alcuni blocchi chiusero l'uscita e il tunnel, in pratica, scomparve dalla vista".

Questa ipotesi trova ora conferma in una prova importante. A circa 90 metri d'altezza vi è una specie di buco che recentemente è stato raggiunto con tecniche alpinistiche ed esplorato da videoperatori del National Geographic. Brier ha accompagnato i tecnici e una volta raggiunto quel foro l'archeologo si è trovato di fronte a una piccola stanza a cielo aperto forma di "L". A dire il vero non era la prima volta che quell'antro è stato esplorato, ma fino a oggi gli archeologi non gli hanno dato importanza. Ma per Houdin quell'area era la ciliegina sulla torta. Nella sua ipotesi infatti, il tunnel in salita richiedeva aree a cielo aperto ai quattro angoli della piramide necessari per far girare i blocchi di 90 gradi. Questi probabilmente venivano ruotati per mezzo di tronchi di legno.
L'apertura studiata recentemente si trova esattamente in un punto in cui si dovrebbe trovare secondo il modello in tre dimensioni costruito da Houdin. I due tunnel che si dipartono dalla piazzola oggi non si vedono perché probabilmente furono sigillati una volta terminata la costruzione della piramide.

L'ipotesi trova ulteriore riscontro in una ricerca condotta nel 1986: tecnici francesi trovarono variazioni di densità all'interno della piramide che potrebbero coincidere con la presenza di un tunnel interno.

C'è modo di scoprire la galleria di servizio senza dover demolire parte della piramide? Secondo Houdin sarebbe sufficiente fare uno studio all'infrarosso della piramide, in quanto il calore emesso dalle pareti varierebbe rispetto al resto là dove è presente il tunnel in salita. "L'unica cosa necessaria è l'autorizzazione delle autorità dell'Egitto - ha precisato l'architetto - Dopo basterebbe rimanere con una camera all'infrarosso puntata su tre lati della Piramide per circa 18 ore, osservando il calore che fuoriesce. Se l'ipotesi è corretta dovremmo poter osservare l'andamento del tunnel".

Sarebbe una grande scoperta per l'Egitto e il mistero delle grandi piramidi sarebbe risolto per sempre.

(18 novembre 2008)

Ma l'instancabile quotidiano non si ferma qui e aggiunge un'altra notiziola curiosa:

CITAZIONE
Un gene che ferma il cancro?
Il segreto dei nani dell'Ecuador

Per la prima volta è possibile analizzare uomini che non hanno mai contratto tumori o diabete. Negli Usa si studiano cento abitanti di una remota zona tropicale affetti dalla sindrome di Laron
di JEFFREY KOFMAN (ABC NEWS)

Il dottor Jaime Guevara misura alcuni pazienti affetti dalla sindrome di Laron
BALSAS - Con la sinistra mi abbarbico al sedile, la mano destra saldata alla maniglia sopra la portiera della 4x4 a noleggio. Procediamo a balzelloni su una strada tutta solchi tra banani e asini al pascolo.

Siamo nel profondo sud rurale dell'Equador, un'area depressa tropicale fino a poco tempo fa tagliata fuori dal resto del mondo. All'apparenza è il luogo più improbabile per andare in cerca della causa del cancro, e di una possibile cura.

Al volante della 4x4 siede il Dr. Jaime Guevara, endocrinologo di Quito, la capitale dell'Ecuador. Circa 25 anni fa iniziò a studiare un gruppo di abitanti di quest'area affetti da una rara patologia, detta nanismo di Laron o sindrome di Laron, che ne arresta la crescita. In termini medici in questi soggetti i recettori dell'ormone della crescita sono inibiti.

"Nel mondo si contano circa 300 casi di questa patologia. 100 sono in Ecuador", spiega Guevara mentre affronta le insidie della strada tortuosa. "In Ecuador si trova quindi un terzo della popolazione mondiale affetta da questa sindrome".

L'anomalia dei Laron. Vent'anni fa il dott. Guevara iniziò a studiare i nani dell'Ecuador meridionale a scopo terapeutico. Ma dalle sue indagini emerse un dato strano e interessante: tra di loro non si era mai registrato neppure un caso di cancro o di diabete.
"Mi colpì che in una zona nota in Ecuador per l'alta incidenza di neoplasie nessuno di questi pazienti fosse mai morto di cancro", racconta. "Mi riferisco a circa 135 persone di cui ho memoria. Nessuno di loro è mai morto di cancro. A mio avviso è pressoché impossibile che si tratti di una coincidenza, perché nelle loro famiglie si contano almeno uno, due o tre componenti morti di tumore".

I cosiddetti nani di Laron sono storicamente molto longevi. Non si concentrano in un'unica comunità, sono sparsi nelle cittadine e nei villaggi sperduti nell'arco di 100 miglia dalla città principale Piñas. Da queste parti li chiamano affettuosamente Viejitos - vecchietti - per via dell'aspetto precocemente invecchiato.

Ci fermiamo in una casa modesta ma ben curata fuori dalla cittadina di Balsas. Ne esce Norman Apolo, un uomo normale in tutti i sensi, solo che è alto circa un metro e venti. Racconta di aver scoperto di essere affetto da un disturbo della crescita verso i 6 7 anni, alle elementari.
Sposato e padre di tre figli, Norman Apolo conduce una vita molto normale. E' uno stimato insegnante e autore e manda avanti una piccola fattoria. La sua statura non gli impedisce di guidare l'auto con l'ausilio di prolunghe sui pedali.

A trecento miglia di distanza, dal suo studio presso l'Istituto ecuadoregno di endocrinologia nella capitale, Guevara segue i suoi particolarissimi pazienti.
"Il protocollo prevede che i pazienti siano periodicamente fotografati o ripresi in video registrando le variazioni di statura nel tempo", spiega. "Ho documentato la loro crescita da quando erano bambini fino ad oggi, è molto importante". Questa forma di nanismo fu identificata per la prima volta 40 anni fa dal Dr. Zvi Laron , studioso israeliano, che ne osservò dodici casi in Israele e in Europa.

Un unico antenato. Incredibile a dirsi, pare che i nani di Laron ecuadoregni abbiano una discendenza comune, i loro antenati sarebbero ebrei fuggiti dal sud della Spagna secoli fa ai tempi dell'Inquisizione. Convertiti da generazioni al cattolicesimo, hanno da tempo dimenticato la discendenza ebraica. Ma i test genetici hanno rivelato che in Israele vive un nano di Laron che è con quasi assoluta certezza un loro lontano cugino. Probabilmente i suoi antenati fuggiti dalla Spagna meridionale si diressero in Europa orientale e quindi nell'attuale Israele.

Norman Apolo, insegnante, alla guida della sua auto modificata per permettergli di raggiungere i pedali

"Uno di loro evidentemente arrivò qui portando con sé la malattia genetica per via delle unioni tra consanguinei", dice Guevara. "In quest'area esiste un alta incidenza di unioni tra consanguinei perché si tratta di zone isolate, la patologia ha avuto quindi opportunità di emergere".

Assieme al fratello Marco, anch'egli medico, il Dr. Guevara studia l'incidenza del cancro tra i familiari dei nani di Laron di statura normale. Marco preleva campioni di saliva per i test genetici. Jaime invece raccoglie anamnesi e dati relativi ai casi di cancro verificatisi nelle famiglie.
Tutti i risultati vengono inviati alla University of Southern California di Los Angeles, per essere analizzati.

La ricerca in California. Ben prima di occuparsi dei nani di Laron ecuadoregni i ricercatori della USC realizzarono su cavie di laboratorio una simulazione della mutazione genetica provocata dalla malattia. Secondo la loro tesi inibendo il recettore dell'ormone della crescita si potrebbe fermare l'avanzata del cancro bloccando il fattore di crescita insulino-simile o IGF-1. Valter Longo, docente presso l'Andrus Gerontology Center, lavora su questo progetto da più di 15 anni.

Longo ha scoperto che i topi in cui viene inibito il recettore dell'ormone della crescita "non solo hanno una longevità superiore del 50% ma registrano anche meno del 50% di episodi di cancro. Se fosse confermato che l'incidenza di neoplasie tra i nani di Laron in Equador è scarsa o nulla avremmo la prova che inibire il recettore della crescita è uno strumento efficace per prevenire il cancro e potremmo sviluppare farmaci, come già stiamo facendo, per mimare queste mutazioni genetiche".

Grazie ai fondi milionari stanziati per la ricerca dai National Institutes of Health, Longo e altri ricercatori sono all'opera per creare un farmaco in grado di replicare la mutazione genetica del nanismo di Laron e arrestare la crescita dei tumori. Il farmaco potrebbe essere sul mercato da qui a dieci anni. I tempi sarebbero stati molto più lunghi se Longo non avesse incontrato Guevara nel 2002 apprendendo dell'esistenza dei nani di Laron ecuadoregni.

Farmaci tra dieci anni. "Gli studi sui Laron potrebbero accelerare la nostra ricerca forse di vent'anni", dice Longo. "Molti dei dati clinici relativi ai topi si rivelano inapplicabili ai soggetti umani. La maggioranza dei farmaci testati su topi non risultano efficaci nella sperimentazione umana. Ma se esiste una popolazione umana che dimostra l'efficacia di questa strategia si è già a buon punto".

In Ecuador, il Dr. Jaime Guevara e i suoi pazienti collaborano con i ricercatori della USC.
"Qui abbiamo un meraviglioso esperimento della natura", dice il Dr. Guevara. "E' una condizione tragica per i pazienti ma una splendida opportunità per noi ricercatori di comprendere cosa accade nel corpo umano quando si abbassa l'IGF-1".

Quanto alla possibilità che grazie a questi studi si giunga ad una cura per il cancro Guevara esprime cautela . "Posso solo dire che tutto questo porterà a conoscere un po' meglio il fenomeno del cancro".

Una cura contro il nanismo. Ma Guevara e i suoi pazienti hanno anche altre aspettative. L'arresto della crescita nei pazienti affetti da sindrome di Laron potrebbe essere evitato con regolari iniezioni di ormone della crescita prima dell'adolescenza. La cura però viene a costare decine di migliaia di dollari, ben oltre le disponibilità economiche della maggioranza della popolazione di un paese in via di sviluppo come l'Ecuador. Le case farmaceutiche hanno promesso farmaci gratuiti ma non sono mai arrivati.

Norman Apolo ribadisce che la ricerca non deve limitarsi ad una possibile cura per il cancro, vuole che i giovani affetti da sindrome di Laron ricevano le cure di cui hanno bisogno.
"Sono disponibile a collaborare se può essere d'aiuto alla ricerca", dice, "Ma non voglio essere usato. Non vogliamo essere usati".

(Copyright ABC News Internet Ventures. Traduzione di Emilia Benghi)

(20 novembre 2008)

Da una notizia buona ad una che raggela il sangue nelle vene di tutti i bibliofili del Mondo (dal Corriere della Sera):
CITAZIONE
Londra Sessant’anni, colto, ha danneggiato 150 preziosi volumi della British Library asportando le pagine con un taglierino
Il milionario ladro di libri antichiIl direttore della biblioteca: «Sapeva quello che faceva, ha distrutto un patrimonio comune». Danni per un milione di sterline
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

LONDRA—Sorrideva e salutava tutti educatamente quando entrava in biblioteca. Alla British Library di Londra e alla Bodleian di Oxford lo conoscevano tutti quello studioso gentile, il signor Farhad Hakimzadeh, nato in Iran ma diventato americano quando era fuggito di fronte alla rivoluzione khomeinista, milionario con la passione per la storia. Per otto anni aveva frequentato i due istituti, consultando centinaia di libri rari, alcuni antichi di quattro secoli. Il suo campo di ricerca era concentrato sui testi e le mappe dei grandi viaggi degli esploratori europei attraverso Mesopotamia, Persia, Cina e l’impero Mogul. Colto, ricco, dedicato agli studi tanto da rubare tempo agli affari. Tanto dedicato da rubare anche le pagine dei libri che consultava in sala lettura, dopo essersi infilato i guanti bianchi per non consumarli. E magari anche per non lasciare le impronte digitali, chissà. Uno alla volta, Hakimzadeh ha mutilato 150 testi, staccando pagine e mappe con un bisturi «con la precisione di un chirurgo», dicono ora.

Per anni non se ne era accorto nessuno, nonostante la sorveglianza dei bibliotecari e le telecamere a circuito chiuso. Fino a quando un altro ricercatore alla British Library ha aperto il prezioso trattato di Sir Thomas Herbert, «A Relation of Some Yeares Travaille, Begunne Anno 1626», e con orrore ha scoperto che mancavano delle pagine. Era il 2006. Sono cominciati i controlli su tutti coloro che di recente avevano richiesto quel volume. Non erano molti. Incrociando i dati con ricognizioni manuali, alla fine gli esperti sono andati a vedere tutti gli 842 libri consultati dallo studioso iraniano: e hanno rilevato che almeno 150 avevano subito un’amputazione. Mancano delle pagine anche da «Historia de la China y Cristiana empresa hecha en ella por la Compagnia de Jesus» di Matteo Ricci, il gesuita italiano che viaggiò attraverso la Cina nel 1582 e vi si stabilì. La prima edizione della sua opera apparve in latino nel 1615; quella della British fu stampata in Spagna nel 1621.

A quel punto la direzione ha scritto una lettera a Mr Hakimzadeh, con rispetto, perché il milionario era pur sempre il presidente della Iran Heritage Foundation, un’associazione culturale senza fine di lucro costituita nel 1995 per promuovere gli studi storici di lingua e cultura persiana. Il ladro rispose per lettera, con la stessa cortesia un po’ distratta, di non avere proprio la minima idea di quello di cui gli si stava chiedendo conto. La British Library chiamò Scotland Yard. Gli agenti della scientifica sono andati a casa Hakimzadeh, in una palazzina lussuosa di Knightsbridge. Hanno cercato e hanno trovato alcune della pagine antiche infilate in libri molto meno pregiati. Il danno bruto ai 150 volumi della British e ad altri 47 della Bodleian è valutato in un milione di sterline, quasi 1.200.000 euro. Ma quello storico è senza prezzo. Dice il dottor Kristian Jensen, direttore della British: «Sono reperti storici deturpati per sempre, sono arrabbiato perché l’autore di questo scempio è un uomo di grande ricchezza personale che sapeva bene quello che stava facendo e sapeva di distruggere un patrimonio comune». Ieri mattina Farhad Hakimzadeh, laureato a Harvard e al Mit, il Massachusetts Institute of Technology, è entrato in tribunale per rispondere di 14 capi d’accusa, dal furto al danneggiamento. Non sorrideva più. Passerà qualche anno in carcere. La British e la Bodleian hanno annunciato di aver avviato anche una causa civile.

Guido Santevecchi
22 novembre 2008

Concludiamo con una notizia di quelle che fanno sorridere e riflettere al tempo stesso, tratta dal Corriere della Sera:
CITAZIONE
La Palin parla, sgozzano un tacchino
Surreale intervista alla governatrice: alle sue spalle viene macellato l'animale. Il video fa il giro del web

senza approfondire ulteriormente la discutibile gag :taptap:
 
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Sergej Orloff
view post Posted on 23/11/2008, 13:58




Una notizia di ufologia riportata dal Corriere della Sera del 22 novembre 2008.

CITAZIONE
Se sono terrestri, dove sono?

A Roma, nel corso del settimo Convegno Nazionale di Ufologia, si è dunque parlato degli X files italiani. Dodicimila casi dal 1900 ad oggi e una piccola attesa per gli appassionati on line: l'intero elenco cronologico (presentato nella versione cartacea e proiettato su uno schermo) sarà in rete entro la fine del 2008, un anno che indiscutibilmente ha segnato un rinnovato picco di interesse per la materia. L'iniziativa del Centro Ufologico Nazionale, che raccoglie anche il contributo del Cusi, di altri enti e di studiosi privati, si inserisce infatti nel solco delle iniziative prese dai governi britannico e canadese, che, dopo l'analogo provvedimento della Francia nel 2007, hanno tolto il segreto ai dossier; non solo, nell'anno che sta per concludersi ci sono state anche dichiarazioni ufficiali di Brasile, Ecuador, Giappone e Vaticano. Ebbene, che cosa di interessante nella nostra documentazione? Tanti atti relativi ai fatti censiti e già divulgati in vari modi. Le "chicche" non sono mancate: dall'analisi di fatti relativi a visioni strane (la vicenda del marinaio della corazzata Caio Duilio, che nell'estate del 1945, sul finire della Seconda Guerra, avvistò nel cielo di Taranto una formazione di 15 esseri alati dalle sembianze umani, anzi più simili alle Erinni dantesche) alla valutazione di veri e propri documenti storici. Tra questi i dispacci telegrafici con il quale il Duce in persona ordinava, pena il deferimento al tribunale di sicurezza dello Stato, di cassare la divulgazione di notizie relative all'atterraggio di "aeromobile di natura e provenienza sconosciute". O il singolare ripetersi, anni e anni dopo, di uno stesso oggetto, visto però da persone che risiedono in differenti parti del mondo e che nemmeno si conoscono: è il caso ad esempio del "sigaro con finestre illuminate" avvistato nel 1933 da piloti della Regia Aeronautica, sopra Mestre, e nel 1948 nell'Alabama da Clyde Tombaugh, scopritore del pianeta Plutone. I disegni fatti dai piloti italiani e dall'astronomo (non certo un mentecatto, ma semmai degno, se non altro, di un certo credito) sono combacianti in maniera impressionante. C'è poi il rapporto originale, non censurato, del comandante Zaghetti, dell'Md 80 dell'Alitalia (marche I-DAWC; sigla del volo AZ184) che nel 1991, in atterraggio a Londra Heathrow, vide un oggetto stranissimo e luminoso. Nella relazione azzardò che si trattasse di un missile, ma gli inglesi (e questo è uno dei files "liberati" dal segreto nelle scorse settimane) alla fine lo classificarono come oggetto non identificato, un Ufo appunto. E sempre in tema di aerei e piloti, ha parlato "live" l'ex comandante Franco Tranquilio, che nel 1973 con un DC 9 Alitalia, in avvicinamento a Torino Caselle avvistò una strana luce che saliva, scendeva, si dilatava e si comprimeva. Una volta atterrato scoprì che tanta altra gente stava osservando il fenomeno. Infine, ma solo di striscio perché l'argomento è scottante e articolato (ci ritornerò con appositi post), si è parlato pure dei fenomeni di combustione di Caronia, nella zona delle Eolie. Fenomeni inquietanti, da mettere in relazione a un'accertata e certificata irregolarità elettromagnetica tuttora presente, tant'è che la zona è stata interdetta al traffico aereo dopo che una serie di foto spettacolari ha documentato l'interferenza tra un presunto disco volante e un elicottero militare, atterrato in emergenza con il rotore centrale gravemente danneggiato. Insieme alla vicenda del metronotte genovese Zanfretta, che sostiene di essere stato rapito dagli alieni ben 11 volte, l'episodio siciliano rappresenta, seppur con modalità e caratteristiche diverse, uno degli eventi più misteriosi mai avvenuti in Italia. Il convegno ha presentato i casi, ma poi, come è giusto che sia, ha lasciato libero ciascuno dei partecipanti di trarre le conclusioni che preferisce. La domanda suggerita dagli organizzatori per contrastare scettici e dubbiosi, è però logica: se tutti questi fatti, anzi se i 2 milioni di avvistamenti registrati nel mondo dal 1947 sono spiegabili, se insomma gli Ufo sono terrestri, dove sono mai finiti tutti quanti? E con essi, dove sono coloro che li avrebbero pilotati?

 
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view post Posted on 23/11/2008, 18:17
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Il Dybbuk

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Interessante!

Oggi ho riletto "Nea Heliopolis" ma giuro che non l'ho fatto apposta:
CITAZIONE
Scoperta: è Akhenaton il padre di Tutankhamon
di Aristide Malnati

Un enigma dell'Egittologia, su cui storici e semplici appassionati si sono concentrati invano in passato, dovrebbe verosimilmente aver trovato soluzione, alla luce di un ritrovamento casuale, ma non per questo meno prezioso. Zahi Hawass, Direttore del Supremo Consiglio delle Antichità del Cairo, ha recentemente rinvenuto nel magazzino del sito archeologico di El Ashmunein (250 km a sud della capitale), la parte mancante di una lunga epigrafe, che, combinata con quella già nota, rivela un dato di portata storica straordinaria: Akhenaton, il faraone cosiddetto "eretico", il primo monoteista della storia, fu il padre naturale di Tut Ankh Amon.

I due blocchi, trovati separatamente in tempi diversi, giacciono in un deposito di antichità adiacente alla zona archeologica, esterna al villaggio di El Ashmunein e provengono come molti altri dal locale tempio fatto erigere 100 dopo il periodo di Akhenaton, da Ramses II (attorno al 1250 a. C.). Costui, instancabile costruttore di edifici religiosi, volti a celebrarne le gesta, utilizzò nell'erezione di questo santuario parecchi blocchi della vicina Amarna, città, dove Akhenaton concentrò il proprio potere e che ai tempi di Ramses era semiabbandonata e aveva perso ogni centralità.

Ebbene sulla nuova epigrafe è gravato che Tutankhamon fu figlio di Akhenaton, così come è specificato che anche Ankhesenamon, sposa di Tut, fu figlia del medesimo padre (diverse furono invece le madri: Nefertiti per la giovane sposa, mentre a questo punto quella del faraone-bambino potrebbe essere proprio Kiya). Viene poi precisato che i due prossimi regnanti si sposarono giovanissimi ancora ad Amarna, quindi nel periodo oscuro e drammatico della fine del monoteismo amarniano e della successiva restaurazione del politeismo tebano.
Sembrerebbe di arguire, se la scoperta di Hawass fosse – come pare – confermata, che Tutankhamon, generato da una sposa successiva a Nefertiti, sia stato dunque più giovane della propria consorte Ankhesenamon, nata invece dal connubio Akhenaton-Nefertiti: ma sono tutti dati genealogici su cui riflettere, magari con il contributo di future scoperte.
"In ogni caso un simile, importante ritrovamento rende giustizia a una parentela ad oggi accettata da pochi: si era sempre pensato, quale genitore di Tutankhamon, o ad Amenophis III sulla base di un'altra stele, che dunque va corretta (costui in realtà fu il nonno) o a Smenkhkhara, probabile faraone tra Akhenaton e lo stesso Tut", precisa Hawass.

Fu quel periodo (II metà del XIV sec. a. C.) contrassegnato dal monoteismo amarniano, i cui precisi contorni sfuggono: fu introdotto da Amenophis IV, che in virtù del nuovo credo religioso in onore del dio Sole Aton, assunse appunto il nome di Akhenaton. Egli spostò il centro del regno 500 km più a nord della precedente capitale (Tebe, oggi Luxor), destituendo le potenti classi sacerdotali tebane, legate alle numerose divinità del pantheon egizio, di ogni loro funzione; in questo fu aiutato dalla bellissima sposa Nefertiti, valida consigliera politica e splendida madre di sei figlie. Al declinare della fortuna di Nefertiti, Akhenaton si risposò e mantenne saldo il potere per altri anni, fino a quando il precedente "status quo" fu ripristinato per precisa volontà cospiratoria della potente casta sacerdotale tebana (anche se i particolari del declino di Amarna sfuggono). L'azione di restaurazione fu pilotata dall'abile consigliere Ay, che affidò proprio a Tutankhamon il primo trono di nuovo a Tebe: insomma fu Tut strumento della controrivoluzione, che cancellava il sogno di Amarna e di Akhenaton; di quell'Akhenaton, che ora la storia ha rivelato essere stato suo padre.

Da Il Sole 24 Ore
 
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view post Posted on 24/11/2008, 18:42
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Il Dybbuk

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Con un leggero ritardo, ecco qua un articolo tratto da Il Messaggero:

CITAZIONE
La tomba di Alessandro Magno?
Non in Egitto ma in Vergina


ATENE (22 novembre) - Il corpo di Alessandro Magno non si troverebbe in Egitto, ma a a Vergina, antica capitale del Regno di Macedonia, 70 km da Salonicco. Ad affermarlo lo studioso greco Triantafyllos D. Papazois, il Conquistatore del Mondo sarebbe sepolto nella tomba dove si crede si trovino i resti del padre Filippo II. Secondo Papazois, storico ed ex docente di strategia militare che si basa sulle analisi antropologiche, sulla datazione degli oggetti contenuti nella tomba e sull'affresco in essa dipinto, il corpo di Alessandro, sepolto originariamente in Egitto venne recuperato e trasportato in Macedonia ai tempi del re Antigonos Gonata, salito al trono nel 277 a.C.

«Nella grande tomba visitata da milioni di persone e che si crede contenga i resti di Filippo II, si trova invece il corpo del figlio che venne trasportato a Vergina sotto il regno di Antigonos Gonatas», salito al trono nel 277 a.C, dice Papazois.

L'analisi dei resti e il contenuto della tomba di Vergina sono sufficienti per dire che lì giace Alessandro. E non è possibile che a Vergina vi sia Filippo perché «nel 274 a.C. Pirro invase la Macedonia, saccheggiò le tombe e disperse le ossa». Lo scopritore della tomba reale nel 1977, prof. Andronikos ha sempre sostenuto che «per un caso» la tomba di Filippo rimase intatta, ma Papazois dice: «Impossibile, tutti sapevano dove fosse».

Che nella tomba di Vergina non ci sia Filippo II (332-386 a.C.) non è l'ipotesi isolata di uno studioso ma opinione diffusa ormai tra gli esperti. Il paleoantropologo Antonis Bartsiokas ha dimostrato grazie all'analisi delle ossa che esse non hanno messuna delle peculiarità o ferite attribuite dagli storici al re macedone.

«Sulle mie conclusioni concordano ormai quasi tutti» dice lo scienziato. E c'è ampio consenso anche sul fatto che gli oggetti, inclusa la corazza di ferro e oro, trovati nella tomba siano di una generazione posteriore a quella di Filippo, e appartengano probabilmente ad Alessandro.

I principali studiosi però sembrano ritenere che il corpo sia quello del fratellastro Filippo III che regnò brevemente dopo di lui. «No, escludo che nella tomba vi sia il corpo del fratellastro» afferma Papazois fondandosi sull'esame delle ossa e sulla scena di caccia che nella tomba dipingerebbe lo stesso Alessandro.

Tesi contestata. La studiosa americana Elizabeth Carney, uno dei principali esperti su Alessandro, contesta la tesi di Papazois. «Non riesco ad immaginare una ragione per cui i Tolomei avrebbero permesso ad Antigonos Gonatas di riprendersi Alessandro - dice - E ci sono testimonianze ininterrotte sulla presenza del corpo in Egitto almeno fino ai tempi di Caracalla». «Quello che videro gli imperatori romani fu un altro corpo messo al posto di Alessandro», risponde Papazois. Bartsiokas da parte sua rileva che se nella tomba non c'è Filippo II, dire che vi giaccia Alessandro è andare troppo oltre: «Come sostenere che l'uomo non è stato sulla Luna».

Papazois si interessò al Macedone molti anni fà quando gli venne chiesto di studiare la strategia militare delle guerre persiane. Alessandro morì a Babilonia nel 323 a.C, vittima probabilmente di febbri. E mentre veniva trasportato in Macedonia, uno dei suoi generali, Tolomeo, si impadronì del corpo portandolo a Menfi. Diodoro descrive la tomba di Alessandro a Menfi e Strabone racconta come il figlio di Tolomeo trasportò poi il corpo ad Alessandria. «Dubito che possano trovare lì la tomba, e certamente non i resti di Alessandro» spiega Papazois secondo il quale se mancano descrizioni storiche della sua sepoltura in Macedonia, a causa della distruzione della Biblioteca di Alessandria, sono però testimoniati due tentativi macedoni per recuperare il corpo.

Sempre dal Messaggero, un nuovo enigma scuote la serenità della Gioconda:
CITAZIONE
«La Monna Lisa ha un pelo»

WASHINGTON (18 ottobre) - Una ricerca scrupolosa, che ha richiesto del tempo, eseguita utilizzando sofisticate apparecchiature e immagini a raggi infrarossi e ultravioletti, ma che alla fine ha dato grosse soddisfazioni a Pascal Cotte, ingegnere francese che ha comunicato trionfante: «La Monna Lisa ha un pelo». Poi si è corretto precisando che il pelo in questione è un sopracciglio, quello sinistro, che non si vede a occhio nudo. Llo si scopre soltanto se si fotografa il quadro con tecniche come quelle utilizzate appunto dall'ingegner Cotte: fotografie ad alta definizione, immagini da 240 milioni di pixel ottenute usando 13 spettri di luce, compresi quelli ultravioletti e infrarossi.

Secondo l'ingegnere, che ha anche inventato di suo pugno la speciale macchina fotografica utilizzata nella indagine, e che si è guardato bene dal rivelare la cifra spesa per portare avanti i suoi studi questa è «la prova definitiva che Leonardo da Vinci aveva dipinto ciglia e sopracciglia».

La Monna Lisa da sempre è stata avvolta in un'aura di mistero che non riguarda solo il suo sorriso. Per anni studiosi e critici si son chiesti anche se e perché la Gioconda sia stata dipinta senza sopracciglia. La scoperta non fa altro ora che infittire il mistero sul ritratto più famoso del mondo: che fine hanno fatto ciglia e sopracciglia?

Speriamo che l'angoscioso enigma delle sopracciglia perdute venga risolto presto :desert:
 
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alupo
view post Posted on 24/11/2008, 18:44




Segnalo questo articolo dal Corriere della Sera

Non so se si può mettere come mysterioso, ma è quantomeno insolito.

CITAZIONE
New York spazzata da uno tsunami 2300 anni fa per la caduta di un asteroide
Manhattan venne colpita da un'onda che si stima alta 2o metri e che risalì per 50 km lungo il fiume Hudson

New York travolta da un immane tsunami nel film Deep Impact
New York travolta da un immane tsunami nel film Deep Impact
L'incubo di Deep Impact, con New York investita da un'ondata gigantesca provocata da una cometa che cade nell'Atlantico, è realmente avvenuto 2300 anni fa. Il film del 1998 prodotto da Steven Spielberg, dunque, non si è immaginato nulla, perché la realtà, come sempre, è superiore alla fantasia. Certo, nella pellicola si ipotizzava un'onda alta 400 metri che arrivava sino all'interno degli Stati Uniti, ma gli scienziati della Columbia University e dell'Università della California Santa Cruz, hanno trovato prove di uno tsunami che investì New York con un'onda che a Manhattan raggiunse almeno i venti metri provocata da un asteroide di circa 100 metri di diametro che si ipotizza caduto sulla piattaforma continentale al largo del New Jersey. Lo studio è stato riportato da Discovery Channel.

NANO-DIAMANTI - Durante lo studio di alcuni sedimenti lungo il corso del fiume Hudson, che sfocia a New York, Katherine Cagen, dell'Università di Harvard, scoprì alcune microsferule di carbonio. «Ma la cosa più singolare è che osservando più attentamente, tra queste sferule abbiamo rinvenuto anche nano-diamanti», ha spiegato Dallas Abbott, della Columbia, co-autore del lavoro. «I nano-diamanti sono cristalli che possono essere prodotti solo grazie a pressioni altissime, come quelle che si verificano all'impatto di un grande meteorite».

ONDA - I sedimenti trovati sul corso dell'Hudson a 50 km dalla foce, inoltre, non sono tipici di ambienti fluviali, ma possono essere depositati solo da un'onda anomala alta 2,5 metri. Prodotta da un asteroide o da una tempesta di dimensioni colossali. La squadra di ricerca però ha rinvenuto altri elementi che possono far pensare a un impatto meteorico anche sulle coste del New Jersey e a Long Island.

MANCA IL CRATERE - «Ci sono state storicamente forti tempeste che hanno investito New York», ha detto Cagen, «ma nulla che abbia potuto depositare sedimenti simili». E per far arrivare un'onda di 2,5 metri a 50 km lungo il fiume, Manhattan dev'essere stata investita da uno tsunami di almeno 20 metri, paragonabile a quello che il 26 dicembre 2004 provocò circa 300 mila morti nell'oceano Indiano. Anche se le cause sono diverse: al largo dell'isola indonesiana di Sumatra avvenne un terremoto di 9,1 gradi Richter alla profondità di 10 km sotto il fondo del mare, mentre 2.300 anni fa si ipotizza la caduta di un meteorite di circa 100 metri di diametro al largo del New Jersey. Manca ancora la prova provata, cioè il cratere sepolto sotto i sedimenti della piattaforma continentale del Nord America, ma gli scienziati non disperano di trovarlo e provare senza ombra di dubbio il fenomeno che avvenne intorno al 300 avanti Cristo. Per inciso, nel film Deep Impact il presidente degli Usa era un afro-americano, come Obama.

Paolo Virtuani
24 novembre 2008

 
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